Così, improvvisamente. È morto Maradona. Arresto cardiocircolatorio. Il cuore fermo. Un fulmine. Lo sentite che suona male: “È morto Maradona”. Impossibile. Uno come lui non muore mai. Per Napoli, poi, è come se fosse sempre il 5 luglio 1984 quando Diego Armando Maradona si presentò agli entusiasti napoletani che al San Paolo erano andati in massa, in settantamila solo per vederlo palleggiare. Con il pallone ci faceva veramente di tutto. Come in una storica Napoli-Juventus. Porta della curva sud. Secondo tempo. 27° minuto. Punizione a due in area di rigore (oggi è cosa rarissima, estinta) della squadra di Trapattoni. Eraldo Pecci e Maradona sulla palla. Platini in barriera. Pecci a Maradona: “Da qui non si segna. È impossibile”. Maradona a Pecci: “No palabras. Dammi la palla”. Pecci tocca piano con tacchetti e suola. Maradona mette el pibe sotto. La barriera è a cinque metri scarsi. La palla si alza e non fa in tempo a scendere che è già in rete, mentre Tacconi si accartoccia al palo sinistro e il San Paolo è in Cielo. Enrico Ameri non crede a ciò che ha visto e si ingarbuglia con le parole. Non palabras, non parole. Dammi la palla. Più che una punizione, una poesia. Maradona, accarezzandola, aveva preso la palla per il verso giusto.
La punzione “impossibile” contro la Juve
La poesia non muore. Si sa, è immortale. Di più: eterna. Maradona è morto, il suo gioco no. È così per gli uomini che hanno fatto qualcosa di grande. Luciano De Crescenzo diceva: “Ringrazio Dio che mi ha fatto nascere a Napoli: così ho potuto apprezzare il genio comico-linguistico di Totò e vedere il calcio di Diego”. Il filosofo di Bellavista aveva ragione nell’accostare Maradona a Totò. Entrambi hanno dato gioia di vivere, felicità, forti emozioni ed emozioni buone. Perché l’argentino avrà avuto anche una vita confusa, ma che volete che sia. Qui si apprezza l’opera, l’unica cosa che è possibile veramente giudicare per ogni uomo, grande o piccolo che sia. Il resto non so se sia niente, poco o di più ma so che lo può giudicare, se se la sentirà, solo Dio.
Davvero era migliore di Pelé? Io credo di no. Ho visto Pelé ed era davvero mostruoso. Ha ragione Rivera: “Se il calcio non fosse esistito Pelé lo avrebbe inventato”. Ma se chiedete ad altri ti diranno: “Era meglio Di Stefano”; “Era meglio Schiaffino”, “Era meglio Puskas”, “Era meglio Cruyff”. Signori, ma era migliore Dante o Shakespeare? Sono cose insensate. Eppure, oggi ho come l’impressione che andandosene via così all’improvviso, come un fulmine nella notte, un bagliore, una stella cadente, a Pelé lo abbia fregato, almeno questa volta. È come se avesse segnato prima di lui e si fosse fermato per sempre in cielo. Come una stella.
Giancristiano Desiderio, 25 novembre 2020