Sul tema infinito dell’obbligo delle mascherine all’aperto, il professore Alberto Zangrillo si sta distinguendo per una offensiva a 360 gradi nei confronti di questa misura di stampo talebano. “Quando sono in montagna su un sentiero in mezzo ai boschi e vedo una persona in lontananza con la mascherina penso che stia sviluppando una patologia psichiatrica. Mettiamo la mascherina quando entriamo in farmacia, in banca, al lavoro. Altrimenti, no. È la differenza tra essere un popolo di beoti e un popolo di persone responsabili. Probabilmente facciamo più presa se pensiamo di controllare un gregge di beoti, io mi aspetto molto di più dai miei concittadini.”
Così si è espresso, con la sua ben nota franchezza, il primario del reparto di rianimazione del San Raffaele di Milano, facendosi in seguito un selfie all’aperto, senza mascherina e con tanto di bandana, con un titolo assolutamente esplicativo: “Outdoor mode for sane people”, ovvero “modalità all’aperto per persone assennate”. In tal senso, a nome della minoranza di aperturisti di questo disgraziato Paese, mi verrebbe da dire: meno male che Zangrillo c’è! Anzi, ci vorrebbero tanti altri di questi autorevoli personaggi per scuoterci da una condizione di regressione di massa, con il preoccupante sviluppo di una sorta di feticismo primitivo nei riguardi della mascherina medesima e di altre misure dall’efficacia piuttosto dubbia.
Sta di fatto che, a dimostrazione di ciò, in queste giornate di caldo torrido osserviamo molte persone le quali, pur di non togliersi di dosso un tale feticcio, hanno trovato il ridicolo compromesso di indossarle con il naso scoperto. In tal senso, spiace tantissimo doverlo sottolineare, il grado di idiozia – o di covidiozia per meglio dire – che esprimono questi poveretti manipolati da una pessima informazione appare superiore a quella degli altri disgraziati che indossano la mascherina quando guidano l’auto in solitaria.