Minimo è scoppiato, non c’è più. T’hanno visto straparlar di specchio, che non eri tu. Il subcomandante Giannini, travolto dall’appassire della sua cellula, scusate, chat antifà e filocinè, con cui doveva difendere in modo neoresistenziale la patria dal regime autarchico al carcadè di Giorgia Meloni, è stato visto discorrere da solo davanti allo specchio, come i matti, cercando di spiegare da a lui a lui i motivi di questa inopinata disfatta democratica. Certi passaggi di questi dialoghi sono drammatici, angosciosi.
Massimo: “Ma come è potuto accadere?”
Giannini: “Ma che ne so, io, andava tutto così bene”.
M: “Eravamo centinaia di migliaia, milioni, praticamente 880”.
G: “E io che pensavo, se gira bene ‘sta chat, poi mi candido subito”.
M: “Forse siamo stati troppo leggeri, troppo fiduciosi, ottimisti nel reclutare certi resistenti…”
G: “Sì ma io te lo dicevo però: quei due lì, Parenzo e Jebreal, lasciali fuori, lasciali, che ti riducono subito la chat a una Gaza au caviar”.
M: “Hai ragione, ci siamo fidati troppo, quelli se li lasci da soli in una stanza cominciano a menarsi addosso. No tra loro, proprio si pestano per conto loro, in stanze diverse, non sanno fare altro”.
G: “E adesso? Che fare, compagno M?”.
M: “Ma che ne so io, non ce ne va dritta una, perdiamo copie, perdiamo iscritti, perdiamo chattari, perdiamo la faccia, siamo vuoti a perdere, rubinetti che perdono, me viè da piagne, perdo lacrime come una chat…”.
G: “Ah, quanto era meglio quando comandava Speranza e ci piegavamo, ci flettevamo tipo sai quei pupazzetti a molla…”
M: “Nun me ce fa pensà! Allora non c’era bisogno di chat democratiche, comandavano loro, cioè noi, e in più stavano tutti reclusi, imprigionati casa per casa e obbligati a punturarsi tipo una volta al mese…”
G: “…e in più ci divertivamo ad insultare chi apriva bocca, si permetteva di dire che non era giusto”.
M: “Il grande capo dalla nostra parte… Potevamo fare tutto, tutto…”.
G: “E quando ci ricapita un momento così?”.
M: “E guarda adesso. Condonano pure le multe ai novax!”.
G: “Eh no? E comandano i fascisti. Che rispondono all’Unione Europea… No, un momento, ma non erano contro? Non eravamo noi a rispondere in tutto e per tutto alla Ue?”
M: “Ahò questi ce fregano er mestiere!”.
G: “Eccerto, se reggevano le brigate minime stavamo in presidio! Invece anvedi come è finita…”.
M: “Se sente er vòto e io me sento male. Mannaggia, eravamo quasi mille, dicevamo che Salvini andava ammazzato…”
G: “Tse tse! Come diceva Bombolo. Ma come è stato possibile, dissolversi così?”,
M: “Ma che cazzo te devo dì! Sarà sto maledetto vizio che tutti devono sempre comandare, sarà sta cazzo de sinistra che se stanno in tre già fanno tre correnti, tre partitelli…”.
G: “Me sento solo. Solo e abbandonato”.
M: “Mai nessuno che me viè a trovà”.
G: “Lo sai che devi fare? Devi andare da Fabio Fazio. Che ti fa bene, ti tira su”.
M: “Ma che mi tira su! Ci vado sempre, e mi va tutto storto: secondo me quello porta pure un po’ sfiga. Con la Littizzetto…”.
G: “Allora ce l’ho io la soluzione: chiudiamo la chat resistenziale, apriamo la chat partiggiana!”.
M: “N’altra volta? No, guarda, basta, non me la sento, è Natale”.
G: “Ma sì, ti dico! È ‘na genialata, anzi ‘na mandrakata. Natale partiggiano, Natale antifascista, presiddio democratico. Chiamiamo tutti: Casarini, Bergoglio, chiamiamo Saviano, Chiara Valerio, Luxuria, Caffo, Raimo, Ilaria Salis, gente seria, tosta, chiamiamo Tomaso, pure Vasco, pure Tony Effe”.
M: “Eh no, cazzo, allora pure Fedez; che poi si tira dietro quelli della curva del Milan, ma come si fa? No, dai, lassa perde: nun me fido”.
G: “Ma sì, ti dico, una chat arrembante, guerrigliera, basta con gli scazzi al caviale, gente dura, ci mettiamo pure Carola Rackete, pure Mimmo Lucano…”
M: “No, ti ho detto, non me la sento, non mi va più, ecco. Non gioco più”.
G: “Allora sei un codardo. Ohei, ti: qualunquista! Fascista!”
M: “Fascista io? A me, fascista? A zoccolè: io mica so piddino così: so piddino cosììì!!!”.
G: “Seh seh. Intanto chi si estranea dalla lotta…”.
M: “Ma vaffanculo, va’!”.
G: Vaffanculo te!”.
Max Del Papa, 25 dicembre 2024
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