Materazzi entra duro su Thuram. Duro, ma corretto: palla piena. L’arcigno difensore nerazzurro, infatti, ha voluto dire la sua sul dibattito riguardante il razzismo nel mondo del calcio, in particolare italiano, dopo gli insulti a Koulibaly. E risponde così al collega francese che aveva accusato i giocatori bianchi di non fare abbastanza contro l’odioso fenomeno: “Sono contro il razzismo – ha spiegato l’interista – però Thuram non è mai uscito dallo stadio quando cantavano Materazzi figlio di p… Questa è la discriminazione: per il bianco, per il nero e anche per il figlio di p…“.
Cos’ha detto Thuram
“I giocatori bianchi e gli allenatori bianchi possono fare tanto, se non fai niente vuol dire che accetti uno stato di cose”, questo il pensiero dell’ex juventino. Il 49enne transalpino ha poi continuato: “Il razzismo è una trappola, un’ideologia politica che va avanti perché c’è gente che ci guadagna, Il razzismo è arroganza, è pensare di avere sempre ragione, è non volere ascoltare gli altri. Bisogna uscire da questa arroganza per diventare esseri umani. Per sconfiggerlo bisogna abbattere i pregiudizi. I giocatori devono dire: ‘Sì, c’è razzismo in Italia’. Lo dici perché ami l’Italia e vuoi cambiare le cose. Se tu hai un problema, io ti devo aiutare, non è che ti devo chiedere prima da dove vieni e che colore della pelle hai”.
Nel calcio le prendi e le dai
Con tutto il rispetto per Thuram, come dare torto all’ex centrale della nazionale. Anzi, in questo sembra essere molto in linea con la parte più calda del tifo nerazzurro che tanti anni fa volle chiarire il proprio punto di vista sulla questione con uno striscione rivolto a Super Mario, che recitava: “Balotelli non farti illusioni, anche bianco ci staresti sui cogli…” Ironia a parte, il concetto è chiaro. Non ti insultiamo perché sei di colore ma perché ci stai sulle palle. Quindi non fare del vittimismo utilizzando strumentalmente il tema del razzismo e pensa a fare il tuo dovere come Dio comanda.
La giusta risposta di Materazzi
Il punto fondamentale colto da Materazzi, che di insulti se ne intende, è che nel mondo del calcio, piaccia o meno, si prende a parole l’avversario. E cosa si fa, in genere, quando si insulta una persona per essere il più efficaci possibili? Sì va a battere proprio là dove fa più male. Quindi il difensore dell’Inter diventa “un figlio di p…” perché perse la mamma in giovane età, Ibrahimovic diventa uno “zingaro” per le sue origini balcaniche, ai tifosi del Toro si ricorda l’episodio di Superga, ai napoletani del colera e così via… Quindi, senza in alcun modo voler legittimare o sminuire episodi di matrice razzista, possiamo però anche essere onesti fra noi, evitando qualsiasi tipo di ipocrisia e dicendoci le cose come stanno: il problema non è il razzismo, ma la cattiveria insita nell’essere umano. Cattiveria che può esplicarsi in qualsiasi frangente e contro chiunque, ma che nel mondo del calcio, che vive di passione e di pancia, trova un terreno più fertile, anche per via delle masse presenti negli stadi all’interno delle quali si perde la propria individualità e qualche volta anche la ragione.