A questo punto, sollecitato da una molto assertiva Giorgia Meloni che voleva tentare il “colpo di mano” (col recondito scopo di far cadere il governo e fare andare a sbattere Matteo?), Salvini, da vero leader di una coalizione ha accettato di fare quel passo indietro che forse da solo non avrebbe mai fatto. Per non creare alibi alla sinistra, ha scelto il nome della seconda carica dello Stato, quindi, si auspicherebbe, di una persona già ampiamente legittimata nel circuito istituzionale. Fallito anche questo tentativo, a Salvini restavano due strade: o insistere, con Fratelli d’Italia, sul muro contro muro, con il concreto pericolo che una maggioranza senza la Lega comunque si formasse; oppure accettare l’ipotesi Mattarella come il male minore e come l’unico modo di preservare le istituzioni e la conquistata stabilità dell’Italia.
Al “muoia Sansone con tutti i filistei”, la Lega ha risposto con alto senso idi responsabilità. Inoltre, politicamente, Salvini ha pareggiato i conti con la Meloni e si è pure sottratto a quello che sarebbe stato un abbraccio mortale. Non è solo, o non è tanto, questione di rivalità o leadership fra i due, ma anche una scelta politica: la Lega non può essere un “partito fotocopia” di Fratelli d’Italia, e la sua vocazione deve essere governativa e tendere più al centro e in un’area liberale e di governo. L’unità del centrodestra è importante, rma solo come unità di diversi, cioè di liberali e conservatori nazionalisti. I due corni del toro di destra devono restare due e non diventare uno perché solo così l’alleanza può sperare di riempire quel vasto solco che serve per governare.
Corrado Ocone, 30 gennaio 2022