Caro Presidente Mattarella, capiamo che un Capo dello Stato debba volare alto, non guardare troppo alle miserie e meschinità del presente. Ne ha dato dimostrazione proprio in questi giorni con gli atti compiuti nellla sua visita altamente simbolica, e storica, in Slovenia. C’è però un punto, mi permetta di dirLe, in cui anche le miserie quotidiane raggiungono un limite pericoloso: pericoloso per la vita stessa della comunità nazionale, dello Stato la cui unità Lei rappresenta e dei cittadini che ad esso sono legati in un “patto costituzionale” (di cui ancora Lei è il garante).
Qui non si vuole assolutamente “tirarLa per la giacca”, anche perché non avremmo nessun titolo per farlo. Vorremmo però farLe presente, nel modo più rigorosamente apolitico, lo stallo in cui il nostro Paese è. Tanto più pericoloso perché proprio in questo momento ci sarebbe bisogno di decidere, prendere in mano la situazione, prevenire quello che tutti, a rigor di logica e di numeri prevedono, cioè il tracollo economico, sociale, totale del nostro amato Paese in autunno.
Lo stallo, come Lei sa, è una situazione critica in cui, per motivi legati all’aereodinamica, un aereo può trovarsi. Solo accorte e non convenzionali manovre del pilota possono evitare che l’aereo perda quota e precipiti. Ora, l’Italia si trova proprio in questa situazione: il pilota è impossibilitato a muovere alcunchè e il suo aereo rischia seriamente di cadere in un oceano tempestoso e pieno di squali. Con una operazione rapida si potrebbe cambiare pilota e tutto il personale di bordo, ma solo Lei può compiere questa operazione perché chi è nella cabina di bordo non vuole lasciare il comando, anzi le studia tutte per restare ove è, non dicendo la verità e anzi illudendo tutto l’equipaggio. E anche usando strumenti di dubbia costituzionalità e controproducenti, come più volte stigmatizzato in questi giorni dal professr Cassese, di cui Lei si dice sia amico ed estimatore.
Lei ha diverse vie che può percorrere: dalla più lineare, indire rapidamente nuove elezioni politiche, al sollecitare e verificare altre maggioranze come in altre situazioni di crisi, in verità molto meno serie di questa, hanno fatto i suoi predecessori. Lo so che esiste una Costituzione formale che quasi le impone questo secondo passaggio, in caso di crisi, ma ad essa, come Lei che è stato giudice costituzionale ben sa, se ne è sovrapposta negli anni una materiale che bada alla sostanza politica delle questioni. E la sostanza è che, a poco più di due anni dall’insediamento, questo governo non riflette più le convinzione del detentore ultimo della sovranità, il popolo italiano. Che altre vie per uscire dallo stallo, con questo pilota e con i suoi collaboratori di bordo, non esistano è fin troppo evidente: Alitalia, Ilva, Mes, scuola, tasse, non c’è un dossier che possa chiudersi, perché, se muovi una pedina, rompi un fragilissimo equilibrio, e tutto viene giù.
Ora ne abbiamo avuto prova pure con la vicenda di Alitalia, scoprendo che il premier ha ignorato una lettera di un suo ministro di quattro mesi che lo sollecitava a prendere rapidamente una decisione. Egli avrà pensato, come sempre, che spostando la polvere sotto il tappeto, essa in giorno sarebbe scompardsa come d’incanto e non avrebbe corroso il tappeto stesso. Che illusione! Non muoversi oggi non solo non è di beneficio, ma crea ulteriori danni, come sammo i piccoli azionisti che hanno quote, cioè i propri risparmi, in Atlantia. Né si può pensare di immaginare e annunciare (solo annunciare) un giorno una soluzione e un giorno l’altra per venire incontro non ai problemi dello Stato ma ai posizionamenti di Grillo, Di Maio, Di Battista, Zingaretti, Renzi o chicchessia.