E allora bisogna pur dire una verità che a qualcuno suonerà sgradevole: tanta preoccupazione, perfino nel Primo Cittadino del Paese, e tanta animosità da politici, amministratori, scienziati, commentatori, non può non lasciar sospettare una sorta di debolezza. Quasi ad ammettere che il sistema di potere sente di non poter più controllare proteste che, sia pure in forma civile, non solo non accennano a ridimensionarsi, ma al contrario si diffondono in tutta Italia. Dopo due anni di sacrifici, frutto di imposizioni inutili, assurde o semplicemente provocatorie, sempre più sono quanti non sembrano più disposti a comprendere, a portare pazienza, ad adeguarsi.
Il governo appare preoccupato all’idea che la terza dose non venga accettata automaticamente come le prime due; men che meno la somministrazione ai bambini, sulla quale la comunità scientifica è divisa. La gente non capisce perchè debba essere l’Italia quasi l’unico luogo sul pianeta a dover sottostare a un lasciapassare punitivo, che quasi ovunque sarebbe considerato illegale. La fiducia è sempre più risicata, lo scetticismo cresce in tutti gli ambiti e sotto tutti gli aspetti; c’è il fondato timore di nuove, pretestuose chiusure per Natale. Molti ministri, su tutti Speranza, non paiono godere più di alcuna credibilità. I soldi del Pnrr, considerati indispensabili sono di là da venire, i relativi progetti restano al palo, mentre, lo ha dimostrato una inchiesta di Quarta Repubblica, è già partito l’assalto alla diligenza a suon di sprechi, affari, lottizzazioni.
Report ha prodotto prove per cui il lockdown che dalla Lombardia si allargò a tutto il Paese, a inizio emergenza, sarebbe stato adottato per motivi squisitamente politici e niente affatto di salute pubblica (un risvolto gravissimo, che tutte le testate mainstream hanno colpevolmente scelto di ignorare). La venerazione per la Scienza mostra qualche incertezza. La esaltazione per la tecnocrazia, qualche dubbio. Draghi appare sempre più insofferente. La polizia sempre più nervosa.
In altre parole, il regime fa la voce grossa, la faccia dura, ma si sente fragile, teme di avere tirato troppo la corda, non sembra sapere come contenere le conseguenze, per lo meno salvando le apparenze democratiche, e tenta di preservarsi reagendo con toni – e metodi – a volte sopra le righe. Quando le facce del potere invocano leggi speciali e considerano il dissenso un reato, se non un delitto, la situazione è già compromessa. Ma fare di ogni protesta un fascio e così scaricare la colpa su chi non ce la fa più e chiede solo di poter vivere, per non morire, per non lasciar morire i suoi figli, è grottesco. E forse pericoloso.
Max Del Papa, 10 novembre 2021