Mattarella, solidarietà a senso unico: chiama solo i giornalisti di sinistra

Il comunicato del Colle per Molinari contestato all’Università. Silenzio per Capezzone. E i violenti di Napoli stessa razza di quelli difesi dal Presidente a Pisa

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Non ho sentito Mattarella. Voglio dire, l’avrà sentito Molinari, sicuro, ma io non l’ho sentito. Una questione tra repubblicani: il presidente della Repubblica chiama il direttore della Repubblica, contestato, impedito a partecipare ad un incontro all’Università Federico II di Napoli, e poi fa in modo che lo sappiano tutti a mezzo nota inzuppata in un tiramisù di retorica: “Quel che vi è da bandire dalle università è l’intolleranza, perché con l’università è incompatibile chi pretende si imporre le proprie idee, impedendo che possa manifestarle chi la pensa diversamente”.

Bene bravo bis, difficile obiettare, il luogo comune o è ontologicamente indiscutibile o non è. Ma il luogo comune, per sua natura, sembra dir tutto e invece dice niente: quel che vi è da bandire dalle università, se mai, è l’università: perché ormai l’università dell’intolleranza è il tempio e non lo ripulisci, o lo butti giù come Cristo o te lo tieni così; è irrecuperabile, irreversibile. Quel che vi è da ripulire, caro Mattarella, sono i fannulloni balordi in kefiah e diritto di prepotenza che nessuno mai sindaca, argina o impedisce; sono, per intenderci, la stessa razza che proprio lei, Presidente, ha difeso di recente, con una uscita spericolata, ma di quelle alle quali ci sta sempre più abituando, purtroppo.

Sono i teppisti e i cialtroni con licenza di bloccare e devastare in nome del pianeta. Sono gli anarchici al limite del terrorismo. Sono le puttane di Hamas, come in questo caso. E noi, il Presidente non l’abbiamo sentito: non l’abbiamo mai sentito sul teppismo climatico, sui provocatori e i balordi a prato basso, sugli intolleranti, come li chiama adesso, che volevano spaccare la testa a Capezzone, al ministro Roccella, a Silvia Sardone, alla troupe di Fuori dal Coro che si infilava nelle loro manifestazioni deliranti in idolatria delle care vecchie Brigate Rosse.

Questa volta i benemeriti se la sono presa con uno dei loro, un direttore percepito come democratico, dal sistema, dal regime ma non dai pro Hamas, ed è scattata la solidarietà telefonata e diffusa. Troppo comodo, presidente: o tutti o nessuno. Che facciamo? La democrazia, la tolleranza la difendiamo a fasi alterne, a facce alterne, a seconda di chi ci sta più simpatico? E gli altri li lasciamo alla mercè, liberi di farsi legnare se mai?

Qui affiora non tanto l’annosa questione della faziosità del Colle di turno, che storicamente più pretende di porsi a rappresentanza dell’intero Paese e più si distingue per partigianeria, espressa in tutti i modi consentiti dalla Costituzione e magari anche qualcuno al limite: dalla “suasion”, assai poco “moral”, alle ripicche procedurali, ai sabotaggi istituzionali, ai siluri mediatici eccetera. Va precisato che non è questione concernente tanto o solo l’attuale inquilino: il quale, se mai, non fa che ribadire una tradizione, discutibilissima, ereditata a suo tempo. Se mai, si può osservare che più gli inquilini scorrono e più la disinvoltura appare marcata, se non sfrenata. Sarà segno di questi tempi influencer, ne discende tuttavia come una pretesa di insindacabilità più da monarca che da presidente democratico. Ed è quanto meno curioso che ad osteggiare una possibile riforma in senso presidenziale sia proprio chi incarna uno strapotere, ostentato, concentrato nella figura del presidente, con la massima serenità, indifferente a qualsiasi esigenza e conseguenza.

No, noi non abbiamo mai sentito il Presidente a proposito delle prepotenze, delle violenze universitarie contro personaggi, politici e intellettuali non di sinistra; così come mai lo sentimmo in occasione delle spaventose torsioni democratiche operate dai governi Conte e Draghi col pretesto della sicurezza sanitaria, non lo sentimmo dire una sillaba quando portuali, cittadini indifesi venivano aggrediti con gli idranti mentre stavano seduti a pregare, fermi, inermi; non sentimmo un fiato di fronte ai ricatti, alla privazione della libertà e del lavoro, del pane e della dignità; non sentimmo un solo invito a dominare un odio verso i cosiddetti “novax” che tracimava nella banalità del male, con inviti a farli fuori, a torturarli, a rinchiuderli in lager, a prenderli a cannonate, ad avvelenarli, a sputare nei loro piatti, a farli mangiare dai cani.

Fu la demenza fanatica delle dittature, non il dissenso più o meno rispettoso delle democrazia. Ma il nostro primo cittadino, il nostro notaio democratico non riteneva di intervenire, mai, neppure una volta, se non per ribadire a modo certe pratiche ben oltre i limiti tracciati da una Carta che nel frattempo si aveva avuto cura di rinchiudere nell’armadio: “Non si invochi la libertà per non vaccinarsi”, “Non si lasci spazio ai novax, alle loro espressioni”. Due anni dopo un tale disastro politico e democratico, tutto fa tranne che stupirci l’aperto boicottaggio dal Colle alla stentata commissione d’inchiesta sul Covid, destinata, l’abbiamo capito subito, a sortire non più che fumo.

Il regime protegge se stesso, questo è normale; almeno però che sia capace di farlo, e ci si lasci almeno osservare qui che i fervorini presidenziali arrivano, come spesso accade, abbondantemente fuori tempo massimo. Al Presidente e al direttore, della Repubblica, si potrebbe obiettare che questo è quello che succede quando si coccolano i farabutti, i violenti e, appunto, gli intolleranti: e si possono coccolare in tanti modi, dalle articolesse lesse e pelose al silenzio distratto o comprensivo.

Sarà una osservazione troppo facile, ma o la fai o persisti nell’equivoco, nell’ambiguo, e davvero non è il caso. Perché quanto successo all’Università di Hamas, Napoli, Italia, non riguarda solo Maurizio Molinari ma tutto il Paese, la sua tenuta democratica, la sua serietà: in prospettiva la sua stessa esistenza se è vero che l’Islam politico che si è già mangiato il Belgio, che già strangola Francia, Spagna e, sempre più, Germania, dice apertamente dell’Italia: sarà la prima a cadere sotto il nostro dominio e sta già succedendo. E i balordi che bivaccano all’università reggono il gioco, reggono una conquista sempre meno dolce, sempre più traumatica. Sulla quale non abbiamo mai e ripetiamo mai ascoltato mezza parola non si dica di allarme, ma almeno di attenzione, da chi, oggi, telefona a un direttore gradito, al quale è stato con furia impedito di esistere.

Max Del Papa, 16 marzo 2024

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