Politica

Maurizio Landini, il nuovo Che Guevara di fuffa e retorica

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Dopo aver evocato lo spettro della rivoluzione sociale a giorni alterni, era inevitabile che Maurizio Landini, l’artefice principale di uno dei più inutili e autolesionistici scioperi generali degli ultimi anni, pronunciasse un classico intervento incendiario, indicando in modo imperativo obiettivi che appartengono al mondo delle favole sinistre.

Uno sciopero contro la manovra messa in campo dal governo, che secondo Benedetto Della Vedova – esponente dell’opposizione – ha almeno il merito di non fare danni, contrariamente a ciò che è accaduto con la maggioranza giallorossa, che in alcune città ha coinvolto numerosi gruppi di violenti sostenitori della pace e dello Stato palestinese e che con le ragioni economiche della protesta ci sono entrati come i classici cavoli a merenda. Tant’è che in quel di Torino circa 150 di questi molto democratici compagni hanno lasciato il Campus universitario Einaudi, unendosi al corteo dei lavoratori in sciopero diretti verso il cuore del capoluogo piemontese, mentre altri di questi pseudo studenti continuavano il blocco dell’ateneo, impedendo altrettanto democraticamente l’ingresso a studenti e docenti.

Nello specifico del surreale intervento del leader barricadero della Cgil, val la pena di segnalare un passaggio del suo fluviale intervento, tutta schiuma e rabbia, che la dice lunga sulla visione del nostro eroe, nonché genio incompreso da quella maggioranza silenziosa di italiani che, a mio avviso, proprio non ne possono più di ascoltare la indigesta retorica di simili demagoghi: “Mi sono permesso di usare una parola che ad alcuni esponenti del governo non è piaciuta, ci hanno detto fondamentalisti – ha detto -. Ho spiegato che siamo in piazza perché vogliamo rivoltare questo Paese come un guanto. Cosa significa? Una cosa molto semplice: noi pensiamo a un Paese dove c’è zero evasione fiscale, a un Paese dove c’è zero precarietà, un Paese dove ci sono zero morti sul lavoro, noi pensiamo a Paese dove c’è zero sfruttamento, dove c’è zero lavoro nero. È essere fondamentalisti questo? Oppure essere stanchi ed esserci rotti le scatole perché paghiamo le tasse anche per chi le evade o ha i condoni di questo governo?”.

Ebbene, se Landini realmente pensa di violare impunemente le leggi della realtà – dato che non esiste Paese al mondo che neppure lontanamente si avvicina ad uno solo dei suoi farneticanti obiettivi – non credo che lo faccia perché crede sinceramente a queste balle. Il fatto di spostare così in alto l’asticella delle cose desiderabili, incarnando un massimalismo in stile rivoluzione d’ottobre, esprime in filigrana quelli che potrebbero essere i suoi veri obiettivi; ovvero diventare il leader indiscusso di una sinistra altrettanto massimalista e che, di conseguenza, gettasse al macero ogni forma di residuale e ragionevole riformismo.

Tutto questo, secondo il mio personale punto di vista, non fa altro che spostare ancora più verso una deriva radicale la composita opposizione politico-mediatico-sindacale, sostenuta da importanti frange della magistratura,  in un difficile e complicato momento per un Paese che, gravato da un debito colossale e afflitto perennemente da mille fardelli fiscali e burocratici, avrebbe invece bisogno di un confronto politico e culturale lontano anni luce dagli irresponsabili vaneggiamenti di tali personaggi.

D’altro canto il rischio concreto del muro contro muro portato avanti a spada tratta da Landini & company, e ampiamente condiviso dall’attuale leadership del Partito democratico, è quello di impedire il varo di riforme tanto necessarie quanto condivise, determinando nei fatti una sostanziale paralisi del sistema. Ma forse è proprio quest’ultimo il vero obiettivo di simili personaggi.

Claudio Romiti, 30 novembre 2024

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