Fibrillazioni ed eccitazioni varie per il testamento di Silvio Berlusconi. Le sinistre confermano problemi di visus concentrandosi sui lasciti a parenti e affini, “ma quanti milioni alla Fascina!”, “ma che astuta riconoscenza a Dell’Utri!”. La miopia non inquadra invece il punto principale dell’eredità: la conferma della solidità dell’azienda che resta nelle mani degli eredi naturali, dunque la famiglia coesa con la distribuzione di quote, di responsabilità e di impegni.
I dipendenti di Mediaset e delle altre componenti del gruppo conservano il proprio posto di lavoro, questo sarebbe dovuto essere il principale pensiero delle sinistre, sono più di una considerato che, secondo loro vocabolario si parla di destre. La tutela dei lavoratori, secondo abitudini del defunto presidente, stavolta è un argomento che spiazza la propaganda da antichi comizianti e commedianti, da Conte a Schlein, da Landini a Fratoianni e prima di tutti, i fogli di partito, Repubblica, Il Fatto, Domani, la Stampa, pronti a sollazzarsi con il pettegolezzo sul destino delle ville, dei quadri, delle barche, di tutto ciò che fa parte del patrimonio, non dimostrando, tuttavia, analogo ardore sui patrimoni misteriosi dei loro editori (Il Fatto escluso), anzi tenendosi a dovuta distanza, meglio proteggere il salario. Eventualmente un paio di scioperi contro il piano editoriale ma sul “padrone” nemmeno un fiato, mai un’inchiesta nei paradisi fiscali.
Dunque Mediaset, Arnoldo Mondadori, Mediolanum, Teatro Manzoni, Alba Aerotrasporti, Fininvest servizi, Diac Salaf non sono in vendita, i Berlusconi non smobilitano, non traslocano la residenza privata in Svizzera, restano italiani e questo è davvero un guaio grosso per i reduci e sopravvissuti dell’ultima consultazione elettorale. Beh, in verità, c’è sempre la lotta dura dei magistrati, quelli non mollano la polpa e nemmeno l’osso. Alla fine sdentati.
Tony Damascelli, 7 luglio 2023