Meglio un Draghi senza Speranza (e Arcuri)

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Mentre Mario Draghi leggeva la lista dei ministri del suo governo – nome, cognome e ministero – mi giungevano messaggi sul telefonino il cui senso era uno solo: “Allora, che dici, sei deluso? Io sì”. Conviene essere chiari fin da subito. Lo si può dire con una battuta che non è una battuta ma verità nuda e cruda: questo è il governo Draghi, non un governo di draghi. Ma i draghi non esistono e se volete la palingenesi rivolgetevi all’Amore, a Dio, alla Fortuna, non alla politica. Dai governi bisogna attendersi solo una cosa: che non diano fastidio, non che salvino il mondo che è salvo di suo. Il compito del governo Draghi è ridare Costituzione e normalità. Sarebbe già tanto. Ci riuscirà? Sarà valutato su questo. Il suo valore sta nel non essere il governo Conte II. Per il resto, pur considerando cosa ci vuole per fare un po’ di cose buone, avrà lo stesso trattamento intellettuale e politico che riservo a tutti: pane al pane e vino al vino.

Il dilettantismo di Arcuri&Speranza

Non ci sarebbe davvero nient’altro da aggiungere se non fosse che abbiamo dietro le spalle un anno di epidemia e di dilettantismo emergenziale al quale ancora non si capisce come si metterà rimedio. Qui, o Draghi, si parrà la tua nobilitate: non nel senso che con una bacchetta magica il presidente del Consiglio dovrà tirare fuori dal cilindro il coniglio, bensì nel significato più modesto che dovrà persuadersi che la strada di ieri, fatta di chiusure pratiche e mentali, non può essere più percorsa e, virus o non virus, bisognerà imboccare la via maestra, che non avremmo mai dovuto abbandonare, della convivenza per rispondere ai pericoli affrontandoli con ragione e rigore. Il vaccino è indubbiamente utilissimo ma credere che sia la panacea di tutti i mali è illusorio. Come è illusorio cambiare strategia e non stratega, soprattutto quando gli strateghi come Arcuri e Speranza hanno dimostrato ampiamente di essere specialisti in fallimenti.

Governo dei due presidenti

Il governo Draghi è a tutti gli effetti un governo politico per il banalissimo motivo che tutti i governi sono politici in quanto la politica stessa altro non è che una tecnica. I ministeri più politici, inoltre, sono proprio quelli tecnici che lavoreranno di stretta intesa con il capo del governo. La presenza cospicua dei politici – la maggioranza dei quali è lì come una bandierina o una statuina – credo che ci sia per volontà del presidente Mattarella e, del resto, l’esecutivo è proprio il governo dei due presidenti. Ma la presenza dei politici, con una maggioranza molto ampia, fa sì che il governo non possa essere buttato a mare, altrimenti con una pietra al collo si butterebbe a mare gran parte della insolita maggioranza che più che una unità nazionale rappresenta l’unità della disperazione.

Per capire dove andiamo bisogna ricordare sempre da dove veniamo. Ebbene, veniamo da una stagione di demagogia e di giustizialismo in cui i due governi precedenti, con la maggioranza relativa nelle mani del M5s, aveva condotto l’intero Paese – dunque, non solo il governo – dritto dritto verso una sorta di suicidio collettivo. Ora abbiamo cambiato strada. Questo è già un risultato. Quanto alle solite storie politicanti della cronaca partitica italiana – che cosa farà Tizio e cosa Caio, cosa farà Di Battista e quanto conta davvero il sovranismo di Salvini – lasciano il tempo che trovano.

È più importante notare, invece, che il movimento rivoluzionario di Beppe Grillo aveva fatto della retorica dell’anticasta la sua bandiera irrinunciabile ma lo stesso M5s è diventato la nuova casta, tanto che Luigi Di Maio è stabilmente al governo con il Conte I, il Conte II e il Draghi. Forse, in questo è davvero l’unico draghetto in circolazione: il draghetto della casta.

Giancristiano Desiderio, 15 febbraio 2021

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