Italia-Ucraina, siamo in partita e indietro non si può più tornare.
Giorgia Meloni in Ucraina, commossa tra le macerie dei bombardamenti russi, è un fatto con un alto valore simbolico ed emotivo. E mettiamoci pure la sostanza dell’incontro con il presidente Zelensky, nel quale, immagino, la premier avrà ribadito l’impegno di fornire al suo popolo e al suo esercito, al di là di ogni ragionevole dubbio, tutto l’aiuto che è nelle possibilità del nostro paese.
Ma il fatto più rilevante, a mio avviso, è stato vedere l’Italia muoversi da protagonista affidabile sullo scenario internazionale. Sulla guerra ognuno è libero di pensarla come vuole, ma questa è una partita dalla quale non era e non è possibile chiamarsi fuori, pena finire in un isolamento politico ed economico dagli effetti, quelli sì, devastanti.
La visita in Ucraina della Premier, giovane ma già a suo agio sui terreni che contano, va oltre il merito della questione guerra, per la quale, si ha detto con onestà, noi più di tanto non possiamo incidere, non essendo una potenza militare autonoma.
Perché il tavolo della guerra è la ricerca di una soluzione è contigua ad altri tavoli dove si giocano partite economiche e sociali. Mi riferisco in particolare a quelli dell’Unione Europea, dove non si parla di missili e carri armati, ma di energia, imprese da sostenere, di flussi migratori da regolare e via dicendo, tutti gli altri temi che ben sappiamo e che tanto ci stanno a cuore. Bene, se l’Italia si rifiutasse di giocare in modo leale la partita di Kiev, dubito fortemente che gli altri giocatori le farebbero toccare palla in tutte le altre partite. È una questione di credibilità, di autorevolezza.
Ieri si è visto in modo plastico che l’Italia non scappa, non si tira indietro da situazioni pericolose per calcolo di consenso elettorale interno. L’opinione pubblica non è particolarmente felice di questo coinvolgimento, questo è noto, né per interessi di bottega.
Non mettiamo il metti che non abbiamo, ma neppure disertiamo dall’Occidente attaccato e ferito. Tutto questo si chiama avere una politica estera, indipendentemente dalle beghe di bottega, dai sé, dai ma e dai distinguo.
Vuoi vedere che stiamo per diventare una nazione dopo aver passato lustri a fare la parte della cenerentola, per di più lamentosa e rancorosa per un malcelato complesso di inferiorità?