Meloni e l’eccesso di sicurezza: i 3 errori in Sardegna

Prima battuta di arresto per il centrodestra. Occhio a non sottovalutare il risultato sardo. Ma se Atene piange, Sparta non ride

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meloni voto sardegna

A meno di clamorosi riconteggi, che ribaltino il risultato finora acquisito, e che il centrodestra non sembra intenzionato a richiedere, il risicato successo di Alessandra Todde in Sardegna più che una vittoria del cosiddetto “campo largo” appare come una evidente sconfitta del centrodestra. Una sconfitta determinata essenzialmente da un eccesso di sicurezza che ha fatto commettere alla coalizione di governo alcuni errori abbastanza macroscopici.

La qual cosa, seppur circoscritta ad una elezione regionale, rappresenta la prima battuta d’arresto nella trionfale marcia, iniziata nelle politiche del 2022, di Giorgia Meloni. E considerando l’estrema volatilità dell’elettorato italiano, estremamente facile agli innamoramenti passeggeri, il segnale che arriva dalla Sardegna non andrebbe assolutamente sottovalutato.

In particolare, analizzando la scelta imposta dalla premier di correre con Paolo Truzzu, il sindaco di Cagliari in caduta di consensi nel suo territorio, non si può non cogliere il citato eccesso di sicurezza. È infatti probabile che la leader di Fratelli d’Italia abbia deciso di sostenere a spada tratta il suo vecchio amico, conosciuto durante la militanza nella destra giovanile, confidando sull’effetto di trascinamento del trend politico nazionale, di cui la Meloni è tutt’ora la indiscussa protagonista.

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Tuttavia, sebbene il pugno di voti che ha negato la vittoria al centrodestra dimostri che l’effetto Meloni ci sia anche stato, il campo largo, il quale ha riunito le forze più radicali della sinistra, escludendo la componente riformista del Terzo Polo, ha potuto contare su una candidatura di ottimo livello e per almeno tre ragioni: è una donna, è una imprenditrice di successo – quindi non è una scappata di casa pur militando nel Movimento 5 Stelle – ed ha goduto di quella sorta di alternanza obbligatoria che vige nell’Isola da una ventina di anni e che premia regolarmente le forze di opposizione.

Pertanto, da questo punto di vista, non è ragionevole ritenere che il candidato sostenuto dalla Lega, ossia il contestato presidente uscente Solinas, avrebbe avuto più chance di Truzzu nei riguardi della presentabile Todde. In realtà, è altresì plausibile che solo una figura “nuova” e che apparisse terza nella lotta interna nel centrodestra potesse interrompere quella fatale alternanza obbligatoria che sembra non dare scampo alle amministrazioni uscenti della Sardegna.

Ora, analizzando il post voto sardo sul piano nazionale, occorre però sottolineare, come si suol dire, che se Atene piange, Sparta certamente non ride.
Tant’è che, a fronte di un inevitabile rigurgito interno di Salvini, il quale non si farà sfuggire l’occasione di rimarcare l’evidente errore di chi guida il centrodestra, l’elezione della Todde crea paradossalmente un serio problema per il Pd di Elly Schlein. Un problema di posizionamento ancor più complicato rispetto a quello che non è riuscito a risolvere il suo predecessore, il più scaltro e navigato Enrico Letta.

Difatti, se in quel frangente il Pd non riuscì a tenere dentro il centrosinistra i riformisti del Terzo Polo a causa dell’alleanza con i Verdi e le varie frattaglie radicali, oggi con l’aggiunta dei grillini in pianta quasi stabile si apre una vera a propria voragine tra la sinistra moderata, ancora molto presente nel Pd, e una coalizione eccessivamente spostata su posizioni oltranziste. Tutto questo, in prospettiva, potrebbe trasformare il successo sardo del campo largo in una classica vittoria di Pirro.

Claudio Romiti, 27 febbraio 2024

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