Economia

Meloni faccia come Ron DeSantis: meno tasse (anche) ai ricchi

Una fiscalità favorevole è il grimaldello per attrarre capitali e consumi

meloni desantis tasse © YiuCheung, cyano66 e Alena Zharava tramite Canva.com

Le società tecnologiche stanno macinando fatturato e utili, come mai prima d’ora. Le sei regine (Amazon, Google, Apple, Microsoft, Meta e Netflix) nell’ultimo trimestre hanno fatturato qualcosa come 410 miliardi di dollari. Il Pil italiano nel medesimo trimestre è stato pari a circa 480 miliardi. Le stesse società si sono portate a casa profitti, in soli tre mesi, pari a 88 miliardi. Il che vuol dire che ogni cinque dollari di fatturato realizzano un utile netto di 1 dollaro. Mica male. A parole i super ricchi americani hanno più volte, ipocritamente, chiesto una tassa su gente come loro. Fece scalpore l’appello di George Soros, a cui si associò subito il cofondatore di Facebook Meta, per l’introduzione di un’imposta sulla ricchezza. Uno Stato americano, in effetti ci sta pensando, ed è quello di Washington (Seattle).

I proprietari di queste grandi corporation sono gli alfieri della nuova tendenza woke americana, e sono tremendamente impegnati sulla sostenibilità, sulla diversità, sull’inclusione e su mille palle politicamente corrette. E qualche volta fingono anche, come si è visto, di volere più tasse per se stessi. Ma si tratta di un favoloso gioco di società. Colpisce questo doppio standard degli uomini più potenti della terra (dal punto di vista economico e non solo). Un paio di giorni fa uno di loro, il fondatore di Amazon, Jeff Bezos, ha annunciato di voler lasciare proprio Seattle e lo Stato di sinistra Washington per migrare dall’altra parte dell’America: a Miami in Florida.

Sostiene che il suo trasloco derivi da motivi affettivi e cioè stare più vicino ai suoi genitori. Sì, certo. Più probabile ritenere che, grazie al governatore conservatore Ron DeSantis, la Florida sia diventata più attrattiva anche per Bezos grazie a tasse ridotte e regolamentazioni molto leggere.

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Si è forse maliziosi nel credere che se fosse rimasto a Seattle avrebbe pagato il 7 per cento sulle plusvalenze e avrebbe rischiato di pagare una tassa sulla ricchezza, che si vuole ora introdurre, e che gli sarebbe costata 1,6 miliardi di dollari l’anno? L’acquisto di un villone da 80 milioni a Miami è in fondo un piccolo prezzo da pagare, visti i risparmi fiscali che potrà realizzare. Solo pochi mesi fa si era comportato nello stesso modo un altro miliardario proveniente da una delle sei reginette tech, e cioè l’ex presidente di Google, Erich Schmidt.

Alan Greenspan, l’ex presidente della Fed, diceva: «Whatever you tax, you get less of», cioè qualunque cosa tu tassi, ne riceverai di meno. È un insegnamento per il nostro governo. L’Italia è uno dei 27 Stati dell’Unione europea. La Meloni faccia come DeSantis, non si preoccupi di far piangere i ricchi, non riduca gli incentivi ai miliardari che vogliono godersi il Belpaese. Rientro dei cervelli e tassazione piatta da 100mila euro per facoltosi redditieri stranieri sono il grimaldello per attrarre capitali e consumi. E vedrà che l’Italia diventerà più attrattiva.

Nicola Porro, Il Giornale 8 novembre 2023

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