C’è una pericolosa idea che gira per l’Europa e molto per l’Italia delle buone opinioni, e cioè che il governo della Meloni, il governo delle «destre», si debba accreditare. Non basta il consenso popolare, non basta la maggioranza, serve l’accondiscendenza di una fantomatica classe dirigente, che saprebbe mangiare a tavola. È l’unico vero grande rischio che sta correndo in queste ore il primo governo eletto dagli italiani da due lustri. E cioè quello, dopo aver ottenuto il consenso popolare, di cercare quello dell’establishment.
Mentre scriviamo, si giocano le carte più importanti dell’esecutivo: capi di gabinetto, uffici legislativi, segreterie tecniche e portavoce. Qualche centinaio di persone che non solo muovono la macchina pubblica, ma la raccontano ai giornali e per questa via trasmettono l’idea di ciò che sta facendo o non facendo il governo. L’esecutivo Draghi ha ottenuto un clamoroso insuccesso sulla questione energetica e sulla rincorsa di un tetto che non ha ottenuto. Ma Draghi e i suoi tecnici sopraffini non si toccano.
Dunque la tentazione per la Meloni e i suoi di mantenere questo deep state potrebbe essere fortissima: sia perché sanno come far funzionare la macchina, sia perché proteggono i politici che momentaneamente si trovano nell’ufficio più alto. Sarebbe un errore. Un governo che vuole durare cinque anni e cambiare le cose, deve intervenire profondamente. Far fuori una classe dirigente che ha comandato nei ministeri, proprio grazie alla debolezza della politica, sarebbe un atto rivoluzionario.
La Meloni, non a caso, viene accusata di non avere una classe dirigente. La stessa identica cosa dicevano di Berlusconi quando vinse nel 1994. In questo modo si offrono consiglieri di Stato, professori, amministrativisti, capi di gabinetto, magistrati che non vedono l’ora di agganciarsi al nuovo treno che passa. Ma sono gli stessi che negli ultimi decenni hanno costruito il disastro in cui ci troviamo oggi. Sono loro che hanno tecnicamente scritto le leggi, sono loro che hanno frenato ogni semplificazione, sono loro che hanno flirtato con la sinistra, guardando con sufficienza tutti i leader di destra. Ho sentito con le mie orecchie un manager di una grande partecipata pubblica, con un passato da banchiere internazionale, renziano convinto, dire: «Ho sempre votato Giorgia».
Se questi signori dovessero servire, il governo li utilizzi, per carità. Ma senza complessi di inferiorità: non abbiamo Kissinger che si aggirano nelle burocrazie italiane.
Nicola Porro, Il Giornale 24 ottobre 2022