Politica

Meloni ritira la querela a Canfora: come farà il martire, adesso?

Il filologo definì il premier (allora all’opposizione) una “neonazista nell’animo”. Ora lui deve decidere

Luciano Canfora e Giorgia Meloni © saicle tramite Canva.com

Colpo di scena: Giorgia Meloni ha rimesso la querela nei confronti di Luciano Canfora, l’82enne intellettuale de sinistra che era stato accusato di diffamazione aggravata per aver definito la premier “neonazista nell’animo”. Addio dunque al martirio sui giornali, alla solidarietà della sinistra, agli amichetti che si erano stretti al fianco di uno dei massimi esponenti dell’internazionale dell’insulto libero spacciato per libertà di opinione.

La vicenda, come noto, risale all’aprile del 2022 quando l’attuale premier era “solo” la leader di Fratelli d’Italia. Peraltro unica in tutto l’emiciclo, o quasi, ad opporsi all’allora intoccabile governo Draghi. Bene. Durante un incontro con gli studenti del liceo scientifico Enrico Fermi di Bari, Confora disse che Meloni era una “poveretta” che “essendo neonazista nell’anima si è subito schierata con i neonazisti ucraini”. Livello culturale: elevatissimo, si fa per dire.

Come in suo pieno diritto, Meloni ritenne quelle frasi diffamatorie. Per la precisione: “Parole inaccettabili, ancora una volta pronunciate da una persona che si dovrebbe occupare di cultura e formazione e che invece finisce a fare becera propaganda a dei giovani studenti”. La richiesta: 20mila euro di risarcimento e una condanna in sede penale. Ad aprile Canfora era stato rinviato a giudizio, in barba agli articoli dei giornali che ne elogiavano lo spirito critico e che hanno cercato in tutti i modi di “contestualizzare” quella orribile frase. Il processo doveva tenersi il 7 ottobre, sempre a Bari. Ma probabilmente non si celebrerà. Gli avvocati di Meloni hanno infatti trasmesso al Tribunale la remissione della querela, per poi informare il legale Michele Laforgia della novità. Spetterà a Canfora ora decidere se accettare o meno la fine delle ostilità.

Come noto, da più parti era arrivata la richiesta al premier di non trascinare l’anziano intellettuale di fronte a un giudice. Sintesi brutale: “la storia non si querela, si studia”; “il potere non può querelare un intellettuale”; “era una legittima critica” e fregnacce varie. Libération fece un appello firmato da accademici. Addirittura l’Anpi si mobilitò, ritenendo quella querela un attacco “a tutti noi”. Ma in fondo se hanno provato a difendere Saviano e il suo “bastardi”, figuratevi se non dovevano farlo per Canfora. A luglio l’intellettuale per mancanza di altre definizioni di fronte alla possibilità di finire a processo si cosparse il capo di cenere lamentando una sorta di persecuzione. “Sono stupito nello scoprire che esiste ancora il reato di opinione”, sentenziò a Repubblica. “Neonazista è una categoria politica, non un insulto”. Adesso che la querela non c’è più, come farà a conservare l’aura di martire?

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