Politica

Meloni-Schlein, quei Whatsapp riservati (e non solo): cosa c’è dietro lo scontro tv

Si prepara il faccia a faccia in vista delle Europee, stesso obiettivo per le due sfidanti

Schlein Meloni © Vertigo3d tramite Canva.com

Nemiche carissime. Le due primedonne della politica italiana, Giorgia la bionda ed Elly la bruna. Eppure, parafrasando Gianni Morandi ne «La mia nemica amatissima», «nonostante le lotte e le contraddizioni» tra loro corre da sempre un filo diretto tenuto da ambasciatori molto discreti e trasversali a colpi di riservati Whatsapp. Certo, tra le due qualche puntura di spillo fino alle elezioni europee di giugno è d’obbligo. Ma niente di serio, e sarà così anche nell’atteso confronto tv il 23 maggio da Bruno Vespa.

Nessun colpo basso, niente scossoni sugli scandali incrociati da Emiliano e Toti, solo pugni sopra la cintura: questa è l’intesa. Entrambe hanno infatti lo stesso obiettivo: prendere una caterva di preferenze. Giorgia punta ai tre milioni, Elly sarebbe felice di avvicinarsi ai due per mettere così definitivamente a tacere i «soci disturbatori». La premier vorrebbe veder ridotta l’influenza della Lega di Matteo Salvini nonostante il bomber Vannacci ed anche Forza Italia sotto il 10%. Per la Schlein, invece, il match si gioca tutto in casa. È fondamentale ridimensionare gli oppositori interni, da Guerini ad Orlando fino agli ex grillini di Giuseppe Conte. Forti delle loro due nette affermazioni personali – per la premier oltre il 28% e per la segretaria del Pd il 22%, con la speranza di arrivare al 24% – sta iniziando il secondo tempo che passerà inevitabilmente per le future alleanze europee.

Contro ogni previsione, nelle ultime settimane Elly si è rafforzata in Europa stabilendo rapporti più stretti con due pezzi da novanta, il tedesco Olaf Scholz e lo spagnolo Pedro Sánchez. I due leader socialisti erano a Roma, a marzo, per il Congresso elettorale del Pse in vista delle prossime elezioni per il Parlamento Ue e la conferma del candidato unico socialista lussemburghese: Nicolas Schmit. Una partita che può mettere in difficoltà Giorgia, che ha puntato tutto sulla riconferma della Von der Leyen, ma che forse ora è costretta a fare retromarcia per non rimanere disarcionata. Ognuna delle due leader politiche italiane ha un proprio stile di comunicazione che ne esalta il pensiero stesso. Ma, come in natura i poli opposti si attraggono, anche questi due modi diversi, distanti e diametralmente opposti, finiscono per somigliarsi, risultando efficaci e fluidamente in contatto.

Sarà per i loro segni zodiacali, entrambi di Terra: Meloni è Capricorno, Schlein Toro. Due segni razionali, disciplinati, tenaci, con i piedi per terra e senza fronzoli. Elly si presenta pacata e sempre sorridente mentre pare che invece si arrabbi facilmente e di frequente. Di pari passo Giorgia, a cui si aggiunge un carattere sospettoso, volubile, possessivo e geloso, retaggio della sua infanzia. E se Meloni, che lo ricorda sempre, viene presentata come quella della Garbatella, la Schlein è vista come quella cresciuta a Lugano, tra gnomi e banchieri svizzeri. Assistiamo, in pratica, ad una rarefazione delle differenze proprio nei punti di massima distanza.

Come in economia, Elly oggi firma per l’abolizione di quel Jobs Act che Giorgia nel 2014 definiva «carta per incartare la pizza», e se oggi Schlein loda il Superbonus, fino a due anni fa anche Meloni lo difendeva a spada tratta. Hanno in comune la capacità di aver dato, Giorgia in primis e persino sulla scheda elettorale, la propria identità al partito. Cavalcano con destrezza le proprie posizioni, accettando di riconoscere l’una all’altra il ruolo di uniche pretendenti al titolo. Un po’ come due sorelle che decidono di spartirsi il capitale ereditato in due campi d’investimento opposti, ma con l’obiettivo di prendersi ciascuna tutto il campo del dibattito politico e del consenso. Non ci sarà una vincitrice tra Eva contro Eva, ma una dinamica e sostanziale competizione tra due contendenti che si marcano «a donna».

È noto che nei sistemi politici opera sempre il criterio delle «Convergenze parallele». Nella storia d’Italia fa testo il parallelismo tra De Gasperi e Togliatti, tra Moro-Andreotti e Berlinguer. La Meloni ha un obiettivo: «niente palla al centro». Esattamente lo stesso della Schlein. Che infatti sta caratterizzando il partito a sinistra con un’agenda scandita su ambiente, lavoro, sanità e diritti, cucendogli addosso un’identità più definita e coerente e, per il momento, stabile e ferma sulla politica estera: con l’Ucraina contro la Russia e con Israele. Esattamente come la Meloni che gioca meglio in trasferta che in casa. Per assurdo, risulterebbero migliori alleati Pd e FdI che Meloni e Salvini o Schlein con Conte. Il cambio della politica estera può far spaccare il Pd, consentendo a Guerini & compagni di lasciare il partito. Ma è un regalo che Elly non farà mai.

Il Pd oggi raggiunge il 20%, sono ben lontani i tempi in cui la sommatoria di Ds e Margherita era oltre il 30%. La moría di consenso è dovuta a chi ha voluto rendere stabile questo progetto di fusione che in questi anni non si è mai posizionato né a sinistra né al centro, mantenendo in vita un ibrido né carne né pesce che ha causato solo scissioni e addii. Però ora Schlein ha detto basta. Per questo le elezioni europee sono lo spartiacque tra Elly e Giorgia, insieme al progetto del premierato. Un banco di prova scivoloso per la Meloni. Schierare tra altri big anche Pupo, la Zanicchi e la Gerini contro costituzionalisti come Pera e Amato e tutta la grancassa che si è già messa in moto contestando un progetto che è un unicum nel mondo è dura.

Per la modifica della Costituzione serve un doppio passaggio in Aula e, senza l’approvazione della maggioranza di due terzi nei due rami del Parlamento, la «madre di tutte le riforme» finirà con un referendum confermativo. Renzi docet. Tuttavia è un azzardo che la Meloni è disposta a correre. A meno che, dopo il successo personale alle europee a danno dei suoi alleati, non punti direttamente alle elezioni anticipate con un alleato insperato: Sergio Mattarella che, pur di affossare la riforma sul premierato che considera un obbrobrio gliele concede. I colpi di mattarello fanno sempre buon brodo…

Luigi Bisignani per Il Tempo 12 maggio 2024

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