Arriva un primo cambio di rotta sul lato dell’emergenza immigrazione. Dopo una prima parte dell’anno che ha visto il governo italiano fronteggiare un vero e proprio allarme, il primo dato confortante riguarda il numero di persone sbarcate nel solo mese di maggio: poco più di 8mila contro i circa 8.700 dello scorso anno. E questo in un mese che, nei fatti, ha sempre aperto la stagione estiva, ovvero quella in cui si verificano la gran parte degli sbarchi ed il maggior peso sui centri di prima accoglienza.
L’allarme migranti
Rimane ancora presto per dire che si tratta di un primo risultato tangibile della politica di Giorgia Meloni. Eppure, è un dato confortante, posto gli oltre 30mila sbarchi che si sono verificati nei primi 4 mesi dell’anno e l’allarme di qualche settimana fa degli 007 italiani, secondo cui sarebbero pronti a partire 685mila immigrati dalle coste libiche. Un dato impressionante, se consideriamo che i principali hotspot (Contrada imbriacola su tutti) sono ormai da tempo al collasso.
Ma oltre al fronte libico, c’è quello tunisino. Sin dall’inizio dell’esecutivo, il presidente del Consiglio sta agendo su due fronti per contenere l’emergenza. Il primo, quello europeo, dove la recente proposta Ue di applicazione del principio di solidarietà (ovvero di distribuzione dei migranti a seconda delle capacità di accoglienza dei Paesi membri), ora trova la netta contrarietà dei Paesi del Visegrad. Ed il secondo, proprio quello tunisino, Stato meta del viaggio che la premier intende fare prima di giovedì, quando accoglierà a Roma il cancelliere tedesco Scholz.
La strategia di Giorgia Meloni
Il lato africano rappresenta un interesse cruciale per l’Italia, visto che un eventuale crac economico della Tunisia (che da ottobre sta negoziando un prestito da 1,9 miliardi di dollari con il Fondo Monetario Internazionale) rappresenterebbe il primo sbocco da cui avrebbe inizio la nuova ondata immigrazione. In tale ambito, Meloni vorrebbe ritagliarsi lo spazio per un ruolo di mediatrice tra Tunisi e Fmi. Questo con l’operazione “Salva-Tunisia”, che onde capovolgimenti dell’ultimo secondo si chiuderà nel consiglio europeo del 29 e 30 giugno.
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Nel frattempo, però, c’è un’altra questione spinosa da risolvere nel Mediterraneo, ovvero quella delle Ong. La settimana scorsa, la nave Sea Eye è una delle due che sono state fermate per la violazione dei decreti di Matteo Piantedosi, e che è stata sanzionata al suo arrivo ad Ortona, insieme a Mare*Go, anch’essa sanzionata dopo aver deciso autonomamente di varcare le acque territoriali italiane per andare a Lampedusa. Il dato fondamentale è che la nave ha operato soprattutto nel canale tunisino, lo sbocco da cui deriva la gran parte dei migranti in partenza dalle coste settentrionali dell’Africa.
Anche questo sarà oggetto di discussione tra Giorgia Meloni ed il presidente di Tunisi, Kais Saied. Un ruolo di mediatrice che andrebbe a scongiurare il possibile fallimento dello Stato africano e che bloccherebbe nei fatti il grande rubinetto dell’allarme sbarchi. Nel frattempo, Palazzo Chigi può sorridere: il numero degli sbarchi è calato. Vedremo se i dati di giugno potranno dare la certezza di un cambio di trend oppure se si è trattato solo di una casualità.
Matteo Milanesi, 6 giugno 2023