Salute

“Meno efficaci con l’inquinamento”. L’ultimo studio choc sui vaccini

I vaccini sarebbero meno efficaci con l’inquinamento atmosferico, influenzando così le immunoglobuline

Salute

Covid, studio: “Vaccini meno efficaci con inquinamento”, questo il titolo di un articolo pubblicato sulla pagina “Salute e Benessere” del sito di Skytg24. Nel pezzo, viene spiegato che livelli più elevati di inquinamento atmosferico sembrano correlati a una risposta anticorpale inferiore in caso di vaccinazione anti-Covid.  

Tutto ciò emergerebbe da uno studio pubblicato sulla rivista Environmental Health Perspectives, condotto dagli scienziati del Barcelona Institute for Global Health (ISGlobal) e dell’Istituto di ricerca tedesco Trias i Pujol (IGTP). Il team, in particolare, ha valutato come il particolato fine (PM2,5), il biossido di azoto (NO2) e il Blank Carbon (BC) possano influenzare le immunoglobuline e le risposte anticorpali al vaccino. 

Al che, dopo oltre tre anni che ci sciroppiamo a dosi massicce il terrore virale a mezzo stampa, essendo oramai acclarato che le persone immunocompetenti potevano tranquillamente evitare questi controversi vaccini sperimentali, mi è venuto spontaneo canticchiare un ritornello de “La società dei magnaccioni”, celebre canzone popolare romana: “Ma che ce frega ma che ce ‘mporta
Se l’oste ar vino ci ha messo l’acqua…”.

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Nel senso, per meglio comprendere il mio punto di vista, che, come nel caso della ridicolaggine dei cani da Covid, eseguire una indagine lunga e approfondita, la quale ha coinvolto per quasi un anno un campione di circa mille persone dai 40 ai 65 anni, rappresenta veramente un gioco che non vale la candela. Se infatti consideriamo che solo una ristretta fascia di persone fragili – che immagino siano generalmente meno esposte agli elementi inquinanti – correva seri rischi contraendo il Sars-Cov-2, il fatto che si stimi una diminuzione del 10% nell’efficacia del vaccino anti-Covid per chi, la vasta platea delle persone in buona salute, si muove in totale autonomia in un ambiente relativamente inquinato non sposta di una virgola la totale inutilità di un siffatto, per così dire, studio scientifico. 

In altri termini, sarebbe come dire che l’infinitesimale rischio di ammalarsi gravemente di Covid per un soggetto che vive in una grande metropoli industrializzata aumenterebbe di un decimillesimo rispetto a quello che correrebbe un suo coetaneo di una cittadina rurale. D’altro canto, in questi tempi di un impazzimento collettivo che procede ondate, il montante gretinismo ambientale prima o poi doveva in qualche modo saldarsi con la mitologia del Covid-19. In fondo si tratta di due pseudo- religioni che hanno molto in comune.

Claudio Romiti, 9 aprile 2023