“Meno maschio bianco”. La gaffe “femminista” in Rai

Ad Agorà Weekend il processo al “patriarcato” con l’intervista a Gino Cecchettin. Cosa voleva dire esattamente?

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Agorà screen

Diamo per scontato che si sia trattato di un banalissimo refuso. Un errore da diretta. Una gaffe. Perché va bene la lotta al patriarcato, capiamo la necessità di festeggiare la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, però c’è un limite a tutto. Durante la puntata di ieri di Agorà Weekend, infatti, la conduttrice Sara Mariani si è lasciata andare alla seguente espressione: “Cosa dobbiamo fare oggi, e cosa devono fare le istituzioni, affinché i figli, i maschi bianchi… di figli così ce ne siano di meno?”.

La clip, tagliata un po’ con l’accetta, sta facendo il giro dei social. Ma su RaiPlay si trova il filmato intero che permette di fare un poco di chiarezza. Ad Agorà Weekend era ospite per un’intervista esclusiva Gino Cecchettin, il padre di Giulia, assassinata da Filippo Turetta, che pochi giorni fa ha lanciato una fondazione in ricordo della figlia e che tante polemiche ha scatenato per via di alcune frasi del ministro Giuseppe Valditara. Proprio oggi era prevista l’udienza del processo ai danni del giovane assassino per cui il pm Andrea Petroni ha chiesto davanti alla corte d’Assise di Venezia la pena dell’ergastolo per omicidio volontario pluriaggravato, sequestro di persona e occultamento di cadavere. L’intervista, dicevamo, è quello che è. Si parla della manifestazione femminista (con tanto di foto bruciata del ministro). Dell’omicidio. Della reazione coraggiosa di un padre alla perdita della figlia. Poi la conduttrice parte in quarta: “Quello che si è cominciato a capire è la questione del patriarcato, in particolare fu sua figlia Elena a dire che l’assassino di sua sorella non era un mostro ma un ‘figlio sano della società patriarcale’. Cosa dobbiamo fare oggi, e cosa devono fare le istituzioni, per invertire la tendenza culturale sbagliata su questo. Cioè cosa dobbiamo fare affinché i figli, i maschi bianchi… di figli così, ce ne siano di meno?”.

Probabilmente intendeva dire “i maschi bianchi violenti”. Eppure la domanda, al netto del pastrocchio della diretta, nasconde due errori mica da niente. Il primo riguarda la “razza”: affermare che il problema siano i “maschi bianchi” non solo appare un tantino discriminatorio, ma non è neppure corroborato dai dati. Sì, certo: la maggior parte dei femminicidi in Italia è commesso da italiani (93%) così come le violenze (74%) e gli stupri (57%), ma banalmente per un motivo statistico: qui vivono più autoctoni che stranieri. Il problema sono però le percentuali. Gli immigrati nel Belpaese sono intorno all’8% della popolazione, eppure la loro incidenza nei reati sessuali è decisamente più alta rispetto agli italiani: il 26% nei casi di violenza generica e il 26% degli stupri. “La propensione degli immigrati irregolari al crimine è oggettivamente maggiore di quella degli italiani – spiegava il sociologo Luca Ricolfi – È una cosa scontata”.

Il secondo errore, se così vogliamo chiamarlo, riguarda quella definizione avanzata da Elena Cecchettin e che tanto piace sia alle femministe di Non una di meno sia a chi intende accusare tutto il genere maschile per i reati commessi dai singoli. Spiega sempre Ricolfi: “Tra i sociologi è scontato che il concetto di patriarcato non funziona come categoria analitica, non serve a spiegare nulla. Tra i sociologi è una cosa ovvia che esiste solo il maschilismo. Il patriarcato esiste in Italia ma nelle famiglie di immigrati, le famiglie dove esiste il patriarca. In Italia non esiste più da decenni. Ma c’è un gruppo di famiglie, di cultura islamica o tradizionale, in cui il patriarcato c’è. Ho controllato il rischio relativo delle ragazze straniere rispetto a quelle italiane sui reati come lo stupro di gruppo e la violenza sessuale e hanno dei rischi da 2 a 12 volte più alti delle ragazze italiane. Se vogliamo risolvere i problemi, dobbiamo fare anche una fondazione Saman Abbas, non solo quella per Giulia Cecchettin”.

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