Il dibattito sul Mes è tornato rovente negli ultimi giorni, in particolare ieri, con il botta e risposta tra il premier Giorgia Meloni e la leader dem Elly Schlein. Ma di cosa si tratta? Il Mes – meccanismo europeo di stabilità – è un’organizzazione intergovernativa che fa parte della strategia dell’Ue per garantire la stabilità finanziaria nella zona euro. Nel 2012 è stato istituito un fondo permanente – l’ormai famoso “fondo salva-stati” – che si pone l’obiettivo di fornire sostegno finanziario ai Paesi che si trovano in condizioni economiche difficili pur avendo un debito pubblico sostenibile.
Dal punto di vista organizzativo, il Mes è guidato da un “Consiglio dei Governatori” composto dai diciannove ministri delle Finanze dell’area euro e che assume le principali decisioni all’unanimità. Prevista invece una maggioranza qualificata dell’85% del capitale (calibrata in modo da lasciare fuori l’Italia secondo i “malpensanti”…) qualora Commissione Ue e Bce richiedano l’assunzione di decisioni urgenti in materia di assistenza finanziaria. Il capitale è di 704,8 miliardi e la capacità di prestito ammonta a 500 miliardi (via prestiti, acquisti di titoli di stato e linee di credito in via precauzionale). Per quanto riguarda l’Italia, è stato sottoscritto il capitale per 125,3 miliardi e ne sono stati versati più di 14.
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Ma non è tutto. Come denunciato in più di un’occasione dall’onorevole leghista Claudio Borghi, ci sono dei dettagli di cui tenere conto. In primis, ratificare la riforma del Mes significa approvare tutto il trattato, comprese le parti più assurde siglate nel 2012. Un altro fattore da considerare è che in caso di crisi sui mercati, vedi ad esempio durante la pandemia, la Bce non interverrebbe più lasciando invece azionare il meccanismo salva stati con tutte le conseguenze del caso. Mes che si trasformerebbe in una sorta di agenzia di rating con la facoltà di decidere sulla sostenibilità o meno del debito, sentenziando possibili crisi a suo piacimento. E ancora, i dirigenti del fondo salva-Stati sarebbero esenti da qualsiasi giurisdizione. “Non gli si potrà far causa, non dovranno rendere conto a nessuno delle loro azioni, nessuna autorità può violare gli uffici del Mes, i loro stipendi sono esentasse”, la conferma di Borghi. Altro mito da sfatare: non è vero che si può ratificare ma non usare il Mes. In caso di via libera, le modifiche diventano direttamente impegnative.
La sinistra accusa il governo Meloni di varie cose, come sempre, ma dimentica un dettaglio: le attuali opposizioni hanno avuto più di un’occasione per attivare il Mes, considerando che erano da quattro anni al governo. Il governo Conte forse faremmo meglio a dimenticarlo, eppure è esistito e ha avuto la piena possibilità di ratificare lo strumento. Nonostante le evidenti contraddizioni, la Schlein ha provato a guadagnare un po’ di visibilità imputando al governo di fare un “gioco delle tre carte”, al termine del quale “si rimangerà la promessa elettorale” di non ratificare le modifiche al Meccanismo europeo di stabilità.
Palazzo Chigi è in attesa del negoziato sul Patto di Stabilità e Meloni intravede spiragli per una soluzione seria in una trattativa che definisce “aperta e molto serrata”. “Non è un totem ideologico”, ha spiegato il premier tornando sul meccanismo europeo di stabilità. Attualmente la ratifica dell’Italia è l’unica che manca fra i Paesi dell’Eurozona e in tal mondo non entrerebbe in vigore la nuova funzione del Mes come backstop, ossia di rete di sicurezza finanziaria al Fondo di risoluzione unico nel sistema di gestione delle crisi bancarie. Meloni è tranchant: “Forse bisogna interrogarsi sul perché, in un momento in cui tutti facciamo i salti mortali per reperire risorse, nessuno vuole attivarlo: questo sarebbe il dibattito da aprire. Quando saprò quale è il contesto nel quale mi muovo saprò anche che cosa secondo me bisogna fare del Mes”.