Strapotere cinese

Microchip, eolico, solare: la Cina è già padrone assoluto

Il dominio nel settore nasconde la crisi deflattiva di Pechino. Perché è un rischio per l’Ue

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Sono passate pochissime settimane da quando, sulle colonne di questo sito, raccontavamo la crisi economica della Cina, che da luglio è entrata ufficialmente in deflazione. Le bisettrici dello stop sono essenzialmente tre: la questione immobiliare, il crollo delle esportazioni ed infine lo scarso livello dei consumi interni. Tre fattori che hanno inceppato l’economia di Pechino, la quale ha visto ridurre anche le aspettative della crescita del Pil di circa due punti percentuali e mezzo.

Il dominio della Cina

Ma è la transizione green che comunque permette a Xi Jinping di sorridere, dove la Cina sta conoscendo una crescita senza freni, in particolar modo nel settore del fotovoltaico. Tanto per dare qualche numero, tra le 10 top aziende mondiali del campo, ben 7 sono della Repubblica Popolare. Un monopolio che non riguarda solo le materie prime, ma come riportato dal Sole 24 Ore pure le componenti che aggirano intorno al fotovoltaico: silicio, pannello finito ed ogni anello della catena di produzione.

Ma il colosso non sembra volersi accontentare. Come riportato dall’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), la Cina nel 2022 ha quasi raddoppiato la capacità di produzione di silicio policristallino, un materiale utilizzato nei pannelli solari. Il tutto garantisce a Xi il 70 per cento dell’offerta mondiale, con stime di crescita che si aggirano fino al dominio del 90 per cento della produzione globale. Il dato si affianca al settore dei wafer, dove Pechino ha letteralmente monopolizzato l’intero ambito, arrivando a raggiungere punto del 97 per cento in termini di wafer utilizzati per i pannelli fotovoltaici.

Numeri che ricadono a cascata contro l’Europa e gli Stati Uniti, che nel percorso della transizione green si trovano ben più indietro rispetto al colosso cinese, reso ben più competitivo grazie ai suoi prezzi low cost, i quali agiscono come fossero una vera e propria spada di Damocle posta contro Ue e Usa.

Eolico e microchip

Eppure, le brutte notizie per l’Occidente non finiscono qui. Pure nel settore dell’eolico, trainato dai vertici di Bruxelles in un’ottica di sostenibilità ambientale, è sempre la Cina a minacciarci. Come riportato dall’inchiesta di Sissi Bellomo, sempre sulle colonne de Il Sole 24 Ore: “Il gigante asiatico si è mosso con decisione anche a valle della filiera, arrivando a produrre 1160 per cento delle turbine eoliche nel mondo”. Una politica che mette a rischio l’autosufficienza europea entro il 2030. Ed è da qui che il regime di Xi Jinping può contare sul monopolio dell’offerta di terre rare, seguita dall’esportazione di turbine low cost pure nel continente europeo, dove gli ordini sono crollati quasi del 50 per cento nel 2022. Male anche negli Stati Uniti dove, unitamente al Vecchio Continente, solo quest’estate sono saltati investimenti nell’eolico offshore per circa 33 miliardi di dollari, come calcolato dal Wall Street Journal.

Per approfondire:

A destare ulteriori preoccupazioni è poi il settore dei microchip, da cui si ricollega la questione di Taiwan. L’isola di Formosa, infatti, monopolizza il settore con la produzione del 65 per cento dei semiconduttori, percentuale che si alza oltre l’80 per cento se parliamo di quelli più avanzati. L’obiettivo di Xi Jinping, con l’invasione militare di Taiwan, sarebbe quello di mettere mano sulla tecnologia taiwanese, creando un connubio coi risultati record che Pechino sta ottenendo nel settore. L’aumento vertiginoso dei microchip cinese ha raggiunto il valore di 5 miliardi di dollari a giugno e luglio, il 70 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2021.

Uno sviluppo che alimenta tentazioni di protezionismo economico in Ue, non solo nel campo dei semiconduttori, ma pure nell’ambito dell’eolico e del fotovoltaico. Gli Stati Uniti già da tempo (prima con Trump alla Casa Bianca ed oggi con Biden) hanno optato per una politica di restrizioni e dazi verso Pechino. Sarà arrivato il momento anche per l’Europa?

Matteo Milanesi, 28 agosto 2023

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