Migrante ucciso, la gente sta col poliziotto: raccolti 10mila euro per l’agente indagato

Un colpo di pistola ha ucciso Moussa Diarra, il maliano armato di coltello. La “gara” di solidarietà: “Le forze dell’ordine vanno tutelate”

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Migrante ucciso stazione Verona

Un gesto di solidarietà che ha rapidamente superato ogni aspettativa: la raccolta fondi avviata da un gruppo di ristoratori veronesi ha raggiunto la sorprendente cifra di 10 mila euro. Lo scopo è quello di supportare le spese legali dell’agente della Polfer coinvolto nel tragico evento di due domeniche fa, quando ha sparato e ucciso il giovane maliano Moussa Diarra presso l’ingresso della stazione di Porta Nuova di Verona. Il poliziotto è attualmente indagato per eccesso colposo di legittima difesa, dopo che Diarra si sarebbe lanciato contro di lui armato di coltello.

La raccolta fondi

La solidarietà non si è fatta attendere: “Tutto è nato in una chat tra circa 120 colleghi. L’idea è che le forze dell’ordine vadano tutelate, specie in un momento preoccupante per la sicurezza in varie zone della città”, ha affermato al Corriere Simone Vicentini del bar Puddle Beach, gestore del conto corrente dedicato alla raccolta. Tra donazioni e supporto, il numero di sostenitori si è ormai attestato intorno al centinaio.

Parallelamente, si registra un’iniziativa analoga da parte delle 30 associazioni che gravitano intorno al messaggio “Verità e giustizia per Moussa“, mirando a coprire le spese per l’assistenza legale e il sostegno alla famiglia della vittima, oltre che finanziare una “contro inchiesta” (di chi?).

La morte di Moussa Diarra

I fatti di sangue avvenuti nella stazione hanno suscitato intense polemiche. Moussa Diarra, ventiseienne maliano, dopo aver commesso alcuni atti vandalici, ha aggredito con un coltello gli agenti di polizia presenti, uno dei quali ha reagito aprendo il fuoco e colpendolo mortalmente. La Procura di Verona non ha tardato ad avviare le indagini sull’accaduto. L’agente coinvolto è stato iscritto nel registro degli indagati per valutare la presunta condotta colposa e il possibile superamento dei limiti della legittima difesa.

Una città divisa

La risposta della città alla tragedia è stata duplice. Il vescovo della diocesi di Verona, mons. Domenico Pompili, ha promosso un momento di preghiera nella chiesa di Piazzale XXV Aprile, proprio di fronte alla stazione, in segno di “speranza, di pace, di luce”. Anche un assessore comunale della giunta di Damiano Tommasi è finito nella bufera per aver condiviso un messaggio sui social che sembrava minimizzare lo stato di aggressività di Diarra e sembrava sostenere che “ad una richiesta di aiuto si è risposto con un colpo di pistola”. Post che ha costretto il sindaco a prendere le distanze e rinnovare “collaborazione, fiducia e vicinanza alle forze dell’ordine”.

Le indagini

Intanto la procura procede con le indagini per accertare esattamente quanto successo. Il pm Maria Diletta Schiaffino ha nominato un consulente balistico forense Stefano Conti per analizzare la pistola usata dal poliziotto. Anche gli avvocati del fratello di Diarra hanno nominato un perito di parte, scelta che invece il legale dell’agente della Polfer ha preferito non seguire. Una nota congiunta della Procura e della Questura aveva spiegato che il maliano era stato ripreso poche ore prima mentre, armato di coltello, aggrediva alcuni agenti della Polizia locale “che sono stati costretti ad allontanarsi e chiedere supporto per sfuggire alla sua furia”. Tornato in stazione, ha continuato le sue violente “arrivando a scagliarsi anche contro un agente della Polizia ferroviaria che, aggredito da posizione ravvicinata, ha esploso tre colpi in rapida successione, uno dei quali ha colpito al petto lo straniero”. Lo stesso poliziotto ha tentato di rianimare l’uomo “che purtroppo è deceduto pochi minuti dopo”.

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