Cronaca

Migranti, 40 condanne per i centri di accoglienza. C’è anche Mimmo Lucano

La Corte dei Conti punta l’eurodeputato di Avs. Nessuna condotta “truffaldina”, ma una serie di irregolarità che hanno prodotto un danno erariale

Negli anni compresi tra la primavera del 2011 e la fine del 2012, la Calabria si è trovata al centro di una vera e propria tempesta umanitaria, con oltre 18.000 migranti che hanno raggiunto le sue coste dopo il viaggio in mare dall’Africa. Questo fenomeno migratorio ha rappresentato una sfida notevole per l’Italia, che si sarebbe aggravato negli anni successivi, ma che sin da subito ha costretto l’Italia – e le regioni del Sud in particolare – a mettere in atto misure straordinarie per garantire l’accoglienza necessaria a queste persone.

La situazione ha catalizzato l’attenzione non solo per l’aspetto umanitario, ma anche per le implicazioni economiche e per le potenziali opportunità che ne potevano derivare. Tuttavia, è emersa una serie di irregolarità legate alla gestione dei centri di accoglienza, come stabilito dalla Corte dei Conti della Calabria. In particolare, è stato riscontrato un danno erariale stimato in quattro milioni e duecentomila euro (da risarcire alla Presidenza del Consiglio), con implicazioni dirette per 40 soggetti tra cooperative, società e singoli amministratori, tra cui spicca la figura di Mimmo Lucano, all’epoca sindaco di Riace e ora eurodeputato di Avs.

Al centro dell’indagine c’è Salvatore Mazzeo, dirigente della Regione Calabria per la Protezione Civile, ente attuatore nella gestione dell’emergenza profughi. Le indagini hanno messo in luce diverse anomalie: da un lato, il caso di alcune cooperative calabresi che, nonostante mancassero delle strutture adeguate, sono state incaricate dell’accoglienza dei migranti; dall’altro l’affidamento del servizio a cifre troppo elevate. Secondo la procura regionale della Corte dei Conti, “l’emergenza migranti nella Regione Calabria era stata oggetto di un accordo illecito tra Mazzeo e i rappresentanti dei soggetti privati o pubblici che (senza effettuare una gara anche informale e senza avere i requisiti e garantire le prestazioni stabilite nei provvedimenti emergenziali) avevano ottenuto l’affidamento del servizio di assistenza”.

Nel calderone era finito anche il Comune di Riace che aveva impostato il suo “modello” nella collaborazione tra amministrazione e cooperative locali. Piccolo problema, secondo la Corte dei Conti: il sistema si sarebbe allontanato dalle direttive stabilite, che vietavano il subappalto dell’accoglienza a soggetti diversi dal responsabile designato, in questo caso il Comune stesso. Va detto che i giudici contabili non hanno trovato prove di collusioni fraudolente tra Lucano e il funzionario regionale incaricato della gestione dell’emergenza. Non c’è nessuna “prova di una intesa truffaldina”, si legge nella sentenza. È emerso, invece, che il Comune veniva contattato direttamente dalla Protezione Civile per via del suo ruolo attivo nel sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), e non per accordi sottobanco. Tuttavia, la Corte dei Conti ha osservato che la pratica di affidare a cooperative locali l’accoglienza, sebbene già impegnate nell’ospitalità ai migranti, non rispettava le normative vigenti. In sostanza, secondo la sentenza, è “ben possibile configurare un dolo” nell’iter seguito dalla Protezione Civile e da Riace, provocando così un “danno all’Erario” a causa della “grave negligenza”.

Come riporta il Fatto Quotidiano, Lucano è stato dunque condannato, anche se a lui non sono imputabili “tutte le eventuali illegittimità”, a causa del “concorso di colpa del soggetto danneggiato (la Protezione civile) che da un lato, aveva emesso ordinanze presidenziali e indicazioni operative in contrasto tra loro ed oscure, e dall’altro non aveva in alcun modo provveduto alla vigilanza sul sistema evitando eventuali illegittimità”. Sintesi: Lucano, insieme a Mazzeo e ad altri soggetti, dovrà risarcire la Presidenza del Consiglio dei ministri con 531mila euro.

La difesa di Lucano, rieletto sindaco della cittadina, ha evidenziato la contraddizione di una sentenza che, da un lato critica la gestione finanziaria dell’accoglienza, dall’altro ignora il valore umano e sociale di un’iniziativa diventata un punto di riferimento a livello globale. Si annuncia ricorso in Cassazione.