Salvini sull’immigrazione è lo sceriffo cattivo, Bergoglio sembra essere quello buono. Ma entrambi sono a rischio. Salvini è rimasto solo, i suoi “compagni di merenda”, il Premier Conte e soprattutto il Ministro degli Esteri Moavero Milanesi, non hanno alzato un dito per combattere alla radice questa tragedia siglando accordi con i Paesi da dove partono i barconi. Ma se Salvini è stato lasciato solo anche dalla UE, Bergoglio, di suo, rischia una rivolta tra i sacerdoti italiani se non decide di mettere mano sul serio alla potente organizzazione, anche finanziaria, della Chiesa, al servizio della solidarietà. Le diocesi e le parrocchie locali, da sole, non hanno più risorse per raccogliere i profughi, né ricevono fondi straordinari per questa emergenza.
Attualmente la Chiesa Italiana ospita nelle sue strutture 26.000 immigrati e la Conferenza Episcopale Italiana, per ciascuno di loro, versa ogni mese 900 euro. Per accollarsi questa spesa la Cei è costretta a “raschiare” fondi con una logica che, dopo 4 anni dal primo annuncio di Bergoglio, sta sollevando una serie di malumori profondi all’interno del clero, che non riesce neppure più a riparare le tante chiese danneggiate. Ai sacerdoti, che spesso si ritrovano i rifugiati in casa, non sfugge che, mentre gli immigrati costano 900 euro mensili comprensivo di un “argent de poche”, chi li ospita, cioè i preti, percepiscono uno stipendio base bloccato a 770 euro da 15 anni.
Visto che gli inviti del Papa vengono regolarmente scaricati sulle spalle delle chiese locali, qualcuno aveva avanzato una proposta alla quale Bergoglio non ha mai dato seguito. I preti che lavorano in Vaticano godono di due, tre, quattro stipendi mensili, poiché hanno diversi incarichi, con un reddito medio di 2.800 euro e senza particolari spese.