La sfida è appena iniziata. O meglio, sembra essere tornati a qualche anno fa, quando al Viminale c’era Matteo Salvini: l’Italia non autorizza lo sbarco immediato dei migranti sulle navi Ong, chiede agli Stati di bandiera di farsene carico, buona parte dell’Ue se ne infischia (la democratica Norvegia ha fatto orecchie da mercante, per dire), iniziano le trattative con le Capitali Ue e alla fine – forse – se ne esce con uno sbarco in Italia e la successiva redistribuzione.
Il messaggio del governo Meloni è stato chiaro, l’ha detto e ripetuto il ministro Piantedosi: il Belpaese non intende farsi carico di tutti i migranti che scappano dall’Africa. Non smetterà di soccorrere in mare, perché la vita è sacra. Ma dovendosi già far carico dell’84% dei sopravvissuti tratti in salvo nel Mediterraneo, non vuole doversi occupare anche di quelli recuperati da navi private battenti bandiera straniera. In più, il governo intende porre fine al traffico di esseri umani in base a un piano in 4 mosse messo a punto dalla Meloni. Il premier l’ha spiegato ieri a Ursula von der Leyen: la priorità è difendere i confini esterni, non tanto la redistribuzione. Non a caso ieri il ministro dell’Interno ha partecipato a una riunione del gruppo MED5, (Italia, Cipro, Grecia, Malta e Spagna) proprio per ribadire questo punto: occorre fare sforzi per bloccare le partenze.
Ad oggi ci sono al largo tre imbarcazioni: la Ocean Viking, la Humanity1 e la Geo Barents per un totale di circa 1000 migranti in attesa di sbarco. Sos Mediterranée ha già chiesto a Spagna, Francia e Grecia un porto sicuro, al momento inutilmente. La Norvegia come detto ha già detto “no” ad accoglierne alcuni. Da Berlino è arrivato il monito a farli attraccare. Mentre la Francia, che pure è cerca che “l’Italia rispetterà il diritto internazionale”, si dice pronta ad accoglierne una quota. Anche tutti, se la situazione non dovesse sbloccarsi: “Deve esserci un porto in Europa o in Francia che possa accoglierli, che possa curarli – ha detto il ministro della Solidarietà francese, Jean-Christophe Combe – Non li lasceremo morire in mezzo al Mediterraneo, non li lasceremo andare alla deriva”.
Qualora gli alleati Ue non si decidessero a aprire i loro porti, la strategia di Piantedosi per costringerli a farsi carico dei migranti sarebbe un’altra. Molto tecnica, come tecnico è il ministro dell’Interno. Ogni nave è da considerarsi territorio dello Stato di cui batte la bandiera. Questo significa che quando i migranti salgono su una nave Ong con bandiera tedesca sono su territorio tedesco. Potrebbero dunque chiedere l’asilo in quel momento, facendo sì che sia Berlino a doversi occupare di loro. Piantedosi vorrebbe far passare questo principio: i migranti vengono recuperati dalla Ong, a bordo chiedono l’asilo, l’Italia autorizza lo sbarco “d’emergenza” in quanto porta più sicuro ma poi tutto è di competenza della Germania. Facile, e pure logico. Se non fosse che i comandanti delle navi umanitarie si rifiutano di identificare gli stranieri che salvano. Ma questa è un’altra storia. Il braccio di ferro, come dimostrato anni fa da Salvini, serve anche a portare a più miti consigli chi per anni si è approfittato dell’accoglienza italiana.