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Migranti in Albania, la Cassazione: “Il giudice non può sostituirsi al ministro”

Per la Suprema Corte la “valutazione dei paesi sicuri spetta” al governo. Poi rinvia alla corte Ue

meloni albania Immagine generata da AI tramite DALL·E di OpenAI

La Cassazione dà ragione al governo. Non è una bizzarra interpretazione, ma la realtà dei fatti. Sulla definizione di paesi sicuri “il giudice della convalida, garante, nell’esame del singolo caso, dell’effettività del diritto fondamentale alla libertà personale, non si sostituisce nella valutazione che spetta, in generale, soltanto al Ministro degli affari esteri e agli altri Ministri che intervengono in sede di concerto”. In altri termini: competenza sulla decisione di quando un Paese è o non è sicuro spetta in via esclusiva al governo. Fine. Pur rinviando alla Corte di Giustizia europea – un atto di rispetto più che altro – la Corte Suprema è tranchant:  le decisioni del Tribunale di Roma sui migranti fatti rientrare dall’Albania erano sbagliate.

La sentenza della Cassazione

Questo quanto scrivono i giudici della prima sezione Civile della Cassazione in una “ordinanza interlocutoria” in merito ai ricorsi presentati dal governo contro le prime mancate convalide del trattenimento di migranti in Albania emesse dalla sezione immigrazione del tribunale di Roma il 18 ottobre scorso. C’era qualcuno che era arrivato a parlare di fine del modello Albania, con tanto di accusa di aver sprecato soldi pubblici. Ma il dispositivo è chiaro: i provvedimenti delle toghe nostrane erano viziati da una mala-interpretazione di quanto disposto dalla Corte di Giustizia Ue.

“La Prima Sezione civile della Corte di cassazione – si legge nel comunicato stampa – nel ribadire che il giudice ordinario è il garante dell’effettività, nel singolo caso concreto al suo esame, dei diritti fondamentali del richiedente asilo, ha affermato che è riservata al circuito democratico della rappresentanza popolare la scelta politica di prevedere, in conformità della disciplina europea, un regime differenziato di esame delle domande di asilo per gli stranieri che provengono da paesi di origine designati come sicuri”. Insomma: “Il giudice ordinario non può sostituirsi al ministro degli Affari Esteri. Non può neppure annullare con effetti erga omnes il decreto ministeriale”.

Resta in capo al magistrato valutare il caso singolo. “La procedura accelerata di frontiera non può applicarsi là dove, anche in sede di convalida del trattenimento, il giudice ravvisi sussistenti i gravi motivi per ritenere che il paese non è sicuro per la situazione particolare in cui il richiedente si trova“, si legge nel dispositivo. “In ogni caso le eccezioni personali…non possono essere ammesse senza limiti”. Tradotto: il giudice può solo valutare se il singolo caso costituisce un’eccezione alla regola generale. Non ragionare in via generale senza valutare il singolo caso.

Secondo la Suprema Corte, il magistrato ha poi il potere-dovere di controllare “la sussistenza dei presupposti di legittimità” della lista dei Paesi sicuri “ed eventualmente disapplicare in via incidentale il decreto ministeriale” se contrasta “in modo manifesto” con “i criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea o nazionale“. Infine, a “garanzia dell’effettività del ricorso e della tutela, il giudice conserva l’istituzionale potere cognitorio, ispirato al principio di cooperazione istruttoria, là dove il richiedente abbia adeguatamente dedotto l’insicurezza nelle circostanze specifiche in cui egli si trova. In quest’ultimo caso, pertanto, la valutazione governativa circa la natura sicura del paese di origine non è decisiva, sicché non si pone un problema di disapplicazione del decreto ministeriale”.

Per avere la parola fine, comunque, bisognerà attendere la decisione della Corte di Giustizia dell’Ue che si pronuncerà il prossimo 25 febbraio. In teoria, i giudici europei dovrebbero stabilire criteri unitari

FdI: “Avevamo ragione noi”

Tranchant l’analisi della deputata meloniana Sara Kelany, responsabile del Dipartimento immigrazione del partito: “Ricordo uno scambio pubblico con la presidente Boldrini sul punto: io affermavo che la sentenza della Corte di giustizia europea non smontasse assolutamente il nostro impianto, perché si riferiva unicamente all’individuazione di porzioni di territorio, la presidente Boldrini affermava il contrario. Oggi la Suprema Corte dà ragione al governo Meloni: gli Stati indicano i Paesi sicuri e i giudici decidono i casi concreti sulla base delle circostanze oggettive e personali che i singoli migranti allegano per chiedere la protezione internazionale”.

Le decisioni di alcuni magistrati italiani sono state frutto di preconcetti ideologici? Questa è la supposizione – comprensibile – da parte degli esponenti della maggioranza. Il presidente dei senatori di Fratelli d’Italia, Lucio Malan, ha rincarato la dose: “L’esame della singola situazione resta al magistrato, il quale però non può arrogarsi la facoltà di stabilire quali siano i Paesi sicuri e quali no. L’auspicio è che adesso le tantissime falsità siano messe da parte e che si possa continuare lungo la strada che il presidente Meloni e che questo governo hanno tracciato: riportare l’immigrazione alle regole della legge e combattere trafficanti e scafisti“.

Franco Lodige, 30 dicembre 2024

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