Migranti, la bugia delle Ong smentita dai numeri

La soluzione non è “più soccorsi in mare”, l’unica strada per salvare vite è quella di disincentivare le partenze

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Fateci caso. Dopo ogni naufragio, le dichiarazioni degli indignati vanno sempre in una stessa direzione. Colpa delle “politiche securitarie” portate avanti dal governo italiano. Talmente securitarie che l’anno scorso sono sbarcati 157mila migranti e 23mila negli ultimi sei mesi. Colpa della “fortezza Europa”. E lo slogan è così di impatto che all’idea di un’Europa impenetrabile viene da crederci sul serio.

Altra litania: “serve una risposta europea”, “una risposta strutturale”. Che tradotto significa: occorre potenziare le operazioni di ricerca e soccorso. In pratica ripristinare una nuova Mare Nostrum o una missione europea di soccorso come quelle messe in piedi tra il 2015 e il 2018 da Frontex e da Eunavfor Med con l’operazione Sofia.

È davvero incredibile come dopo ogni naufragio le polemiche vadano sempre nella medesima direzione. “Serve una missione Sar europea”, sostengono alcune delle principali Ong presenti in mare, da Medici Senza Frontiere a Emergency. Per avvalorare la loro tesi, richiamano una nota congiunta di Unhcr (l’agenzia Onu per i rifugiati), Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) e Unicef (il Fondo Onu per l’infanzia) da cui emerge che nel 2024, il numero dei morti e dispersi nel Mediterraneo centrale ha raggiunto le 800 unità. Una media di quasi 5 morti e dispersi al giorno.

Argomentazione a dir poco stucchevole se è vero che alla base di tale dichiarazioni vi sia una sincera preoccupazione per la salvaguardia della vita umana. Premesso che i morti non sono numeri e sono sempre troppi, i numeri però ci permettono di analizzare la realtà. Ebbene. Era già successo. E più di una volta. L’operazione di soccorso italiana Mare Nostrum era scattata nel 2014 proprio in seguito alla ondata emotiva scatenata dalla tragedia del 3 ottobre 2013 quando davanti alle coste di Lampedusa persero la vita più di 300 migranti. Mare Nostrum setaccia il Mediterraneo spingendosi fino a 144 miglia nautiche dall’Italia. Nello stesso anno parte anche Triton, missione dell’agenzia europea Fronte.

Bilancio? 3400 morti. Ben 9 vittime al giorno. Nonostante l’enorme dispiego di mezzi di soccorso, il 18 aprile 2015 al largo delle coste libiche si ribalta un’imbarcazione e perdono la vita ben 1000 migranti. A quel punto si decide che i soccorsi messi in campo non sono sufficienti e allora si fa un upgrade di Triton II e si decide che le imbarcazioni di soccorso si spingano fino a 256 km dalle coste italiane in modo da soccorrere i migranti ancora più a Sud. L’operazione va avanti anche tutto l’anno successivo.

Tutto risolto? Macché. Nel 2016 le vittime sono addirittura 4500. In pratica 12 al giorno. Se questi sono i dati, su che base dunque, le Ong, le organizzazioni umanitarie che lavorano con l’accoglienza e una parte della politica (non ultima la segretaria del Pd Elly Schlein) continuano a chiedere nuove operazioni di soccorso? O non conoscono i dati o sono in malafede perché in questo modo portano avanti la bandiera dei “porti aperti” e dell’accoglienza indiscriminata sulla pelle degli stessi migranti. Come se non bastasse lo slogan “più soccorsi”, oltre che con “più morti”, fa pendant con “più soldi ai trafficanti” e “più viaggi pericolosi”. Trattandosi infatti di viaggi illegali, per buona parte del tragitto, avvengono nell’ombra esponendo i migranti ad una serie infinita di rischi.

L’incidente nel Mar Jonio con il veliero che si è ribaltato a 120 miglia nautiche dalla Calabria e ha portato a circa 65 dispersi, ne è solo l’ultima tragica conferma. Non credo sia un caso infatti che il peggio sia arrivato proprio quando l’imbarcazione partita dalla Turchia con a bordo afghani, siriani, iracheni e iraniani, si trovava praticamente a metà tra la zona SAR greca e quella SAR italiana. A quanto emerso dal racconto di alcuni degli 11 sopravvissuti, pare che fossero almeno tre giorni almeno che imbarcava acqua. Perché non è stato dato subito l’allarme? Molto probabilmente perché il tentativo era quello di uscire dalle acque SAR greche e raggiungere quelle italiane, altrimenti i migranti sarebbero stati soccorsi e riportati in Grecia, il che avrebbe significato tornare indietro e magari provare ad entrare in Europa attraverso la rotta balcanica.

Per non parlare del comandante – scafista che sicuramente non aveva alcun interesse a essere intercettato e soccorso. Pensare che la soluzioni sia “più soccorsi in mare” significa alimentare tutto questo in nome di quell’altra grande falsità che è “i flussi non li possiamo fermare o gestire”. L’unica strada è quella di disincentivare le partenze. Cosa che si porta agendo su più piani. Dalla messa in campo di strumenti di deterrenza da un lato, il rafforzamento di percorsi legali per i veri rifugiati dall’altro fino a percorsi regolari di lavoro e formazione per tutti gli altri. Non se ne esce. Il resto è retorica.

Francesca Ronchin, 19 giugno 2024

Autrice del libro IpocriSea, le verità nascoste dietro i luoghi comuni su immigrazione e Ong (Aliberti, 2022). Lavora per la RAI. Suoi scritti sono apparsi su Corriere della SeraLa Verità, PanoramaAnalisi Difesa e altri.

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