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Migranti, l’Europa ci fa una pernacchia

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Alla fine andrà come tutte le altre volte, da una decina di anni a questa parte: l’Europa si mostrerà solidale nelle intenzioni, s’inventerà assurdità tipo la “solidarietà obbligatoria” (un ossimoro), fingerà di trovare soluzioni all’annosa questione migratoria e infine ci lascerà come sempre col cerino in mano. Marameo.

L’Ue rimanda il problema

L’ultima pernacchia a dodici stelle se l’è dovuta sorbire il povero Mario Draghi, il quale dopo anni alla Bce sarà pure abituato alla pachidermica lentezza delle istituzioni europee, ma sbatterci la faccia ogni volta dev’essere comunque fastidioso. Gli sbarchi si intensificano? L’arrivo della bella stagione minaccia partenze di massa? Sulle coste africane si accalcano 50-65mila immigrati pronti a salpare? Bene. L’Ue che cosa fa? Finge di ascoltare il premier italiano, che ieri al Consiglio europeo ha posto la questione sul tavolo perché “mettere a dormire un problema non lo fa sparire”, e poi rimanda la discussione alla prossima riunione. Cioè tra un mese. Quando intanto i barconi avranno ricominciato ad assaltare Lampedusa, il sistema di accoglienza sarà di nuovo al collasso e tanti saluti alle belle parole tipo “l’Italia non deve essere lasciata sola”. Marameo bis.

Eurofregature

In fondo agli eurofallimenti sull’immigrazione siamo ormai abituati. Da anni i leader politici italiani spacciano per risolutivi finti patti coi partner europei, funzionali sulla carta ma che poi alla prova dei fatti si sciolgono come ghiaccioli al sole. In principio ci provò Matteo Renzi, e sappiamo com’è finita. Con Gentiloni la faccenda non è migliorata, tanto che Minniti dovette volare personalmente in Libia per provare a cavare un ragno dal buco. E una volta superata la contrapposizione muscolare di Salvini (che alla fine s’è rivelata essere l’unica strategia funzionale), Giuseppe Conte tirò fuori dal cappello l’ormai defunto “accordo di Malta”. Per capire il livello di presa in giro basta andare a rileggersi l’intervista rilasciata per l’occasione al Fatto Quotidiano. Titolo: “Abbiamo fatto più a Malta in un giorno di Salvini in un anno”. Svolgimento: “Svolta storica sui ricollocamenti. E i porti sicuri non saranno più solo italiani”. Risultato finale: i clandestini continuano a sbarcare solo da noi, le Ong puntano dritte ai porti nostrani e di redistribuzioni neppure l’ombra. Neanche tra quei Paesi (Francia, Malta, Portogallo e Germania) che a Lamorgese avevano assicurato assistenza. Marameo tris.

L’Europa dorme

Che poi in linea di principio un punto di partenza ieri i capi di Stato e di governo dell’Unione lo avrebbero anche trovato. Ylva Johansson, cioè il commissario europeo agli Affari interni, ha spiegato che sulla “prospettiva” di una “solidarietà obbligatoria” che porti alla redistribuzione dei migranti “quasi tutti gli Stati membri sono d’accordo”. Bene. Ma visto che il diavolo si nasconde nei dettagli, intanto va sottolineato quel “quasi”, che non è faccenda secondaria. Macron ha infatti precisato: “I disaccordi sono troppo profondi, non risolveremo i problemi nella loro totalità”. E poi è comunque ancora tutto da vedere: sulla ricerca e il soccorso, per dire, la proposta Ue per l’Italia è quella di un sistema speciale in cui “stabilire quali saranno i numeri da gestire dal punto di vista della distribuzione nel corso dell’anno successivo per avere poi un pool al quale devono contribuire gli stati membri”. Tradotto dal politichese europeo: aria fritta, solo dichiarazioni di principio e tante chiacchiere. Magari firmeranno pure un altro protocollo, come pare sia desiderio del ministro Lamorgese, ma poi faranno finta di applicarlo per cestinarlo l’anno successivo. E ricominciare tutto daccapo.

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