Ci risiamo: il Consiglio d’Europa torna a bacchettare l’Italia. Questa volta è il turno del Comitato contro la tortura pubblica, che ha redatto un rapporto sulla gestione dei migranti nei Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr). Per la precisione, sono quattro i centri visitati: Milano, Gradisca, Roma e Palazzo San Gervasio (Potenza). Riflettori accesi sul trattamento e sulle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo, ma anche sul dossier Albania, come testimoniato dalla richiesta alle autorità italiane di garantire che i cittadini stranieri trattenuti all’estero sotto la giurisdizione italiana ricevano condizioni di vita dignitose, siano trattati con rispetto e godano delle garanzie giuridiche fondamentali (informativa sui diritti, comunicazione del trattenimento a un terzo, accesso ad un avvocato e ad un medico).
Entrando nel dettaglio del rapporto dell’ente del Consiglio d’Europa, vengono segnalati diversi casi di maltrattamenti fisici e di un uso eccessivo della forza da parte degli agenti di polizia all’interno dei Cpr. Ma non solo. Sono state registrate varie carenze, a partire dall’assenza di un monitoraggio rigoroso e indipendente degli interventi, nonché una precisa registrazione delle lesioni subite dai trattenuti e una valutazione oggettiva della loro origine. Uno dei punti più controversi riguarda la presunta somministrazione di psicofarmaci ai migranti nel centro di Potenza, senza dimenticare il presunto ammanetta mento prolungato delle persone fermate sul territorio nazionale durante il loro trasferimento in un Cpr.
Non mancano le critiche per quanto concerne le condizioni materiali dei Cpr, a partire dalla struttura architettonica per poi passare agli aspetti carcerari, basti pensare alle sbarre, agli schermi metallici alle finestre, alle armature rinforzate e ai cortili di passeggio “simili a gabbie”. E poco importa se, come registrato nel Cpr di Gradisca, alcune aree sono rimaste chiuse a causa dei numerosi atti di vandalismo degli ospiti. E, ancora, bocciata la tipologia di rapporto instaurato tra il personale di sorveglianza e i richiedenti asilo, così come la qualità del cibo e la carenza di scorte di articoli da toilette e cuscini. In base a quanto evidenziato nel rapporto dagli esperti del Consiglio d’Europa, un altro fattore negativo è la mancanza di attività ricreative per i migranti. Sì, avete letto bene. E forse non c’è bisogno di aggiungere altro, perché intaccherebbe il giudizio sull’effettiva qualità del documento.
Criticità ravvisate anche per quanto riguarda l’erogazione dell’assistenza sanitaria: medici con poca esperienza e scarsa conoscenza delle condizioni di vita in un Cpr. Da rivedere anche lo screening medico al momento dell’ammissione delle persone trattenute in un Cpr, così come la già citata somministrazione di psicofarmaci. Il rapporto segnala anche alcune raccomandazioni per le garanzie giuridiche offerte alle persone sottoposte a trattenimento in un Cpr: il miglioramento dell’accesso a un avvocato, dell’accesso a servizi di interpreti professionali e della procedura per i trattenuti nei cosiddetti locali idonei, ossia le aree di fermo nelle Questure, nei porti, negli aeroporti e ai valichi di frontiera.
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Ricordando che il Consiglio d’Europa non rappresenta l’Unione europea, c’è subito da dire che molte responsabilità sulle condizioni dei Cpr non possono essere legate al governo Meloni. Negli ultimi dieci anni ha governato la sinistra e i risultati si sono visti. Anzi, l’esecutivo di centrodestra sin dal primo giorno è intervenuto per migliorare le condizioni dei centri e per realizzarne altri. Il governo ha già risposto con osservazioni dettagliate agli addebiti del CPT, ma c’è da evidenziare che il rapporto presenta informazioni parziali e incomplete. Basti pensare al passaggio sui psicofarmaci, con riferimento particolare a quanto accadrebbe nel Cpr di Potenza, ossia la presunta diffusa somministrazione di psicofarmaci non prescritti diluiti in acqua per tenerli calmi. Un’azione che avrebbe ripercussioni anche sul numero minore di eventi critici registrati rispetto alle altre strutture.
Sul punto il governo ha tenuto a porre l’accento sul regolamento sul funzionamento dei Cpr, approvato con decreto del Ministro dell’interno del 19 maggio 2022, che prevede precise garanzie a tutela della salute dei trattenuti, disponendo verifiche all’ingresso e durante l’intero periodo di trattenimento anche in merito alla compatibilità delle condizioni di salute con la permanenza nel centro: “Tutti i trattamenti sanitari compresa l’eventuale somministrazione di psicofarmaci, sono disposti su indicazione di personale medico e all’interno dei Cpr sono previsti anche presidi sanitari. Ciò detto, non risulta riscontrata la somministrazione impropria di farmaci, circostanza peraltro mai oggetto di sentenze della magistratura”. Dettaglio non da poco.
Un altro dettaglio che non passa inosservato è legato alle fonti di questo rapporto. Oltre ai rappresentanti dei vari ministeri, vediamo citati l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) e l’Associazione NAGA, che fornisce assistenza sanitaria, sociale e legale ai cittadini stranieri. Due attori forse poco imparziali, considerando il loro coinvolgimento nel dossier. Del resto siamo abituati a report in cui i punti di riferimento sono Repubblica, La Stampa e il Domani. Non esattamente l’emblema dell’equità e della correttezza.
All’interno del rapporto si parla di presunte violenze, ma il Comitato del Consiglio d’Europa dimentica un dettaglio piuttosto importante: i casi di maltrattamento fisico descritti nella relazione non sono stati oggetto di indagini penali. Quindi non si può nemmeno parlare di casi di maltrattamento, con buona pace di chi a sinistra sogna già di parlare di lager e di centri di detenzione. Gli esempi riportati del resto spiegano tutto. Tra i casi citati quello registrato a Milano l’11 febbraio 2024, quando un gruppo di agenti fu chiamato a intervenire per bloccare un detenuto responsabile di minacce e vandalismo. Non pago, il migrante ha aggredito un agente, facendolo cadere a terra. La colpa delle forze di sicurezza? Aver colpito l’uomo con il manganello per immobilizzarlo. Forse, secondo gli espertoni in questione, avrebbero dovuto provare a utilizzare i gessetti colorati o convincere lo straniero a leggere “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria.
E c’è di più: perché grazie alle telecamere a circuito chiuso e alle relazioni di servizio è stato dato riscontro su ogni episodio di presunta violenza verificatosi all’interno dei centri, accadimenti sempre riconducibili a intemperanze degli ospiti. Nel rapporto infatti non v’è traccia di rivolte, di aggressioni, nemmeno di stupri firmati dai richiedenti asilo. Per questo le accuse rivolte alle forze dell’ordine sono semplicemente vergognose: donne e uomini in divisa agiscono sempre in maniera professionale, trasparente ed equilibrata, nonostante le tante difficoltà quotidiane.
Franco Lodige, 14 dicembre 2024
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