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Migranti, perché Giorgia Meloni rischia grosso

Tunisia ed Ue hanno trovato l’intesa sul nodo migranti, ma gli sbarchi sulle coste italiane proseguono. I sindaci leghisti in rivolta

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Da una parte l’intesa, dall’altra l’ondata. Continua ad essere al centro dell’agenda di Palazzo Chigi il nodo immigrazione, dopo che da poche ore è stato dato via libera al nuovo accordo tra Tunisia (il Paese da dove partono la stragrande maggioranza dei profughi) e Unione Europea. Un memorandum volto ad impegnare ambo le parti ad “una cooperazione economica e commerciale”, ad “un approccio olistico alla migrazione”, nonché a “porre rimedio alle cause profonde dell’immigrazione irregolare”.

Intesa Ue-Tunisia

Gli impegni di Bruxelles saranno quelli di offrire a Tunisi “17 imbarcazioni riequipaggiate e otto nuove“, passando poi al potenziamento della flotta della guardia costiera tunisina, con l’obiettivo di intercettare le partenze ed i migranti in mare. Il tutto sarà oggetto di un finanziamento nei confronti dello Stato governato da Saied, dopo che – ormai da mesi – è stato lo stesso Fondo Monetario Internazionale a bloccare il prestito alla Tunisia, causa il mancato rispetto dei diritti umani (nodo vincolante per Saied anche nel memorandum concluso con il Vecchio Continente).

Non è un caso che, sotto quest’ultimo profilo, all’ultimo trilaterale dell’11 giugno tra Bruxelles, Roma e Tunisi, fu la presidente della Commissione Europea, Ursula von Der Leyen, a promettere l’immediato versamento di 150 milioni di euro nelle casse di Tunisi e di volere vincolare un intervento di 900 milioni di euro, già negoziato con il Fondo monetario internazionale. Il tutto, appunto, dietro il compimento delle riforme richieste dall’Fmi a Saied per sbloccare due miliardi di dollari.

Emergenza migranti

Nel frattempo, però, gli sbarchi non sembrano risentire del nuovo cambio di rotta. Nelle ultime 24 ore, sono arrivati 1.600 migranti a Lampedusa, per un totale di 2.423 migranti ospitati in un hotspot che può contenerne poco meno di 400. Una situazione insostenibile, resa evidente pure dalla prefettura di Agrigento, che nelle ultimissime ore ha predisposto un trasferimento, con un numero di migranti ancora da definire, con il traghetto di linea Galaxy diretto in serata a Porto.

Per approfondire:

Ed è proprio a livello locale che il governo di Giorgia Meloni rischia grosso. Sul tema immigrazione, infatti, i sindaci leghisti sono letteralmente in rivolta, dopo che – per far fronte ai 100mila migranti arrivati dall’insediamento del nuovo esecutivo – il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha deciso di inviare piccoli gruppi di immigrati in varie regioni e comuni. Un provvedimento che ha mandato su tutte le furie i leghisti veneti, obbligati ad accogliere nuovi profughi direttamente da un governo di centrodestra. Ma è anche la sinistra, più nello specifico la Toscana, a storcere il naso a causa dei 3.000 arrivi programmati nella regione.

Insomma, Giorgia Meloni si trova dentro ad un tunnel da cui fatica vedere la luce dell’uscita. Uno scenario di tensione reso ancor più evidente dalle barricate alzate dal capogruppo leghista in Regione Veneto, Giuseppe Pan: “I sindaci della Lega in Veneto non si piegheranno: diciamo no alla distribuzione incontrollata dei profughi nei nostri Comuni. I prefetti invece che abbandonarli davanti ai municipi li ospitino a casa loro. No a questi comportamenti irresponsabili, travestiti col nome di accoglienza diffusa”. E ancora, c’è chi come come il sindaco di Castelgomberto (Vicenza), Davide Dorantani, che ha scritto alla prefettura affermando di voler caricare sulla sua auto i tre immigrati giunti e riportarli direttamente al mittente.

Ora, la situazione pare essere intricata, per uno dei nodi che più sta facendo riflettere gli italiani sull’operato dell’esecutivo (nonostante il giudizio degli elettori rimanga complessivamente molto buono). Il problema è che Giorgia Meloni non dovrà affrontare solo il fuoco delle opposizioni: adesso c’è anche quello amico. E questo rischia di essere ben più fatale rispetto al buonismo immigrazionista.

Matteo Milanesi, 18 luglio 2023