Quella appena trascorsa in casa Milan è stata a tutti gli effetti una vera e propria settimana da incubo. Probabilmente è prematuro parlare di crisi ma indubbiamente iniziano ad emergere alcuni segnali per nulla confortanti. Certo, volendo vedere il bicchiere mezzo pieno si potrebbe dire che i rossoneri, dopo 10 giornate di campionato, inseguono da vicino Inter e Juventus e quindi sono a pieno titolo coinvolti nella lotta scudetto; anche in Champions, nonostante un girone d’andata deludente con il Milan provvisoriamente fanalino di coda nel proprio raggruppamento, i giochi sono ancora aperti e con un paio di vittorie al ritorno (sfruttando magari i 2 match casalinghi con PSG e Borussia Dortmund) potrebbe tornare in corsa per il passaggio agli ottavi.
Osservando il tutto con un livello maggiore di approfondimento non si può però non evidenziare come quei limiti e quelle criticità che già si intravedevano in questo primo scorcio di stagione si siano in un certo senso esacerbati proprio nell’ultima settimana.
Da un lato si registra una certa difficoltà nel fare gol, soprattutto in rapporto al volume di gioco espresso; Giroud, nonostante i 37 anni suonati resta una garanzia (confermata dai 6 gol realizzati in campionato) ma dietro al francese finora né Okafor né Jovic si stanno rivelando alternative affidabili. Un capitolo a parte merita Rafa Leao: il numero 10 rossonero continua ad andare ad intermittenza e, al netto delle sue accelerazioni che possono spaccare qualsiasi partita, continua a vedere troppo poco la porta e a non essere sufficientemente incisivo in fase realizzativa.
Leggi anche
Per un attacco che non brilla vi è una difesa tutt’altro che solida e che ha la tendenza ad andare spesso in affanno: gli 11 gol incassati in 10 match di campionato (cui aggiungere le tre reti subite con il PSG in Champions) non fanno che certificare il problema, soprattutto se confrontati con i 5 subiti dall’Inter ed i 6 dalla Juventus.
Paradossalmente, in questa stagione, uno dei principali limiti del Milan sembra proprio risiedere nella filosofia di gioco sposata da Pioli. I rossoneri praticano un bel calcio, sempre propositivo, ma nonostante per lunghi tratti della partita mantengano il pallino del gioco costringendo l’avversario a difendersi faticano a capitalizzare tale superiorità. Allo stesso tempo, proprio in virtù di questo atteggiamento, la squadra ha la tendenza a sbilanciarsi e a perdere equilibrio prestando il fianco alle ripartenze in velocità degli avversari con i difensori che, privi di adeguate coperture, si trovano spesso esposti a pericolosi (e talvolta deleteri) duelli uno contro uno.
Come uscire da questa spirale? Pioli non ha fatto mistero di non avere alcuna intenzione di snaturare la filosofia di gioco proposta (difendendola a spada tratta) limitandosi ad invocare maggiore attenzione e riflessività per non ripetere certi errori, soprattutto in difesa. Alcuni sostengono che dietro questo atteggiamento scarsamente autocritico si nasconda una sorta di supponenza; in ogni caso la percezione è che questa forma di “integralismo tattico” possa diventare un problema sia per il tecnico che per il Milan.
È ovviamente legittimo che ciascun allenatore voglia applicare i dettami del proprio credo calcistico all’interno del club che guida ma allo stesso tempo una buona dose di flessibilità appare imprescindibile. Adeguare o modificare il proprio stile di gioco in funzione di certe tipologie di avversario non rappresenta assolutamente né un limite né un segnale di debolezza; al contrario, pur mantenendo la propria identità di fondo, può trasformarsi in un importante valore aggiunto, in grado di aumentare il livello di imprevedibilità della propria squadra e riducendo la capacità di lettura delle situazioni da parte dell’avversario.
Leggi anche
Cercare un alibi a questa situazione negli infortuni o in lacune della rosa sarebbe ingeneroso nei confronti di un club che bene ha operato sul mercato coerentemente con la politica aziendale imposta dalla proprietà (RedBird). Certo, se in attacco il Milan, oltre a Giroud potesse contare su Harry Kane (e non su Okafor e Jovic) probabilmente non staremmo qui a parlare di scarsa prolificità del reparto avanzato; e allo stesso tempo con un Van Dijk in più in organico la difesa rossonera sarebbe certamente molto più solida e performante rispetto a quella vista in questo primo scorcio di stagione.
Tuttavia bisogna essere realisti e soprattutto intellettualmente onesti nell’evidenziare come calciatori di questo profilo, per età anagrafica ma soprattutto per costo del cartellino e corrispondente ingaggio, non si vedranno a Milanello per molto tempo, almeno fino a quando verrà perseguita una politica che ha quale principale obiettivo la sostenibilità dei conti da realizzarsi anche (e soprattutto) attraverso un processo di valorizzazione e crescita di calciatori tendenzialmente giovani con un importante potenziale ancora inespresso. Allo stesso tempo non si può non evidenziare come il Milan versione 2023/2024 disponga di una rosa ampiamente rafforzata rispetto a quella dell’anno precedente, con un importante upgrade sia in termini di talento che di imprevedibilità oltre che di esperienza a livello internazionale.
È quindi compito dell’allenatore cercare di tirare fuori il meglio dalla rosa che ha a disposizione trovando una sintesi tra la propria visione di gioco e le caratteristiche dei propri calciatori; e soprattutto in tale ottica appare lecito chiedersi se Pioli sia ancora l’allenatore giusto per il Milan, non tanto e non solo per il presente ma soprattutto in prospettiva futura.
Il suo percorso in rossonero ovviamente non si discute e la conquista dello scudetto rappresenta l’apice della sua gestione; tuttavia, dopo una stagione in chiaroscuro come quella passata, “salvata” dalla semifinale di Champions e con un quarto posto in campionato raggiunto in extremis grazie alla penalizzazione della Juventus, la stagione in corso diventa decisiva. Un Pioli maggiormente “camaleontico” rispetto a quello visto finora, in grado all’occorrenza di far cambiare pelle al Milan senza snaturarlo, potrebbe fare la fortuna propria e dei rossoneri; va da sé che il gioco spumeggiante piaccia a tutti ma talvolta si può (e si deve) vincere anche di “corto muso”.
Come è giusto che sia Pioli sarà giudicato sulla base dei risultati raggiunti ed in tal senso il primo crocevia stagionale sarà rappresentato dal destino dei rossoneri in Champions. In caso di prematura estromissione dalla principale competizione europea la sua panchina potrebbe iniziare a traballare, a maggior ragione qualora il Milan non dovesse rimanere agganciato al treno scudetto.
A quel punto si inizierebbe già a pensare al post Pioli ed innegabilmente quella rossonera diventerebbe una panchina molto appetibile. Certamente appetibile anche per un allenatore italiano che probabilmente non vede l’ora di rimettersi in gioco e che ogni qual volta si libera una panchina importante diventa uno dei candidati principali. Non è che proprio Antonio Conte potrebbe essere il tecnico giusto per questo Milan?
Enrico Paci, 31 ottobre 2023