Durante l’intervista di lunedì nella trasmissione Quarta Repubblica, il Presidente dell’Argentina Javier Milei, citando i nomi di alcuni importanti economisti e filosofi liberali e liberisti, denunciava il fatto che anche nelle facoltà universitarie questi nomi siano per lo più sconosciuti, nel senso che il loro pensiero non viene studiato e proposto agli studenti. Contrariamente a ciò che avviene per economisti e pensatori di area socialista che invece sono studiati e sempre propinati ai giovani studenti, come se fossero l’unico “vangelo”.
Quel momento dell’intervista mi ha richiamato alla mente un episodio per certi versi attinente che mi vide coinvolto in prima persona. Nel gennaio 1998 ebbi il piacere di contribuire ad organizzare un convegno sulla figura dell’economista liberale Ernesto Rossi e gli atti di quel convegno furono pubblicati nel volume “Ernesto Rossi, economista, federalista, radicale (Marsilio, 2001)”. Nell’introduzione al libro scrivevo di come noi organizzatori cercassimo di capire quanto in effetti fossero sconosciuti molti dei nomi più importanti della cultura liberale italiana: “All’inizio, quasi un gioco: si chiedeva agli studenti delle scuole superiori se conoscessero alcuni personaggi della storia politica e culturale italiana. E allora: De Gasperi e Gramsci, sentiti nominare; Carlo Rosselli, una via; Luigi Einaudi, una casa editrice. Ernesto Rossi, nulla, mai sentito”.
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Bene ha fatto, quindi, il Presidente Milei a richiamare l’attenzione e a denunciare il fatto che nelle università si conoscano e si insegnino prevalentemente pensatori di area socialista o comunque non liberista, per cui John Maynard Keynes o Karl Marx sono sempre sulla cresta dell’onda, mentre se chiedete chi sia Ludwig von Mises vi diranno che “forse è il centravanti dell’Olanda!”. La maggior parte degli insegnanti, degli studenti, dei politici, dei giornalisti e di tutti coloro che gestiscono l’istruzione o la produzione di informazione, non sa nulla delle grandi stature intellettuali, economiche, filosofiche e morali di Ludwig von Mises, di Carl Menger, di Murray Rothbard, o dei premi Nobel Milton Friedman e Friedrich August von Hayek, solo per citarne alcuni di quelli spesso nominati dallo stesso Milei.
E in Italia poco o nulla si sa e si studia, ad esempio, di Bruno Leoni, di Antonio Martino, di Sergio Ricossa e di Luigi Einaudi stesso. Nomi illustri, la maggior parte dei quali appartenuti alla altrettanto illustre Mont Pèlerin Society, alla quale Sergio Ricossa ricordava di essere stato introdotto proprio da Bruno Leoni: “Fu lui che fece grande la Mont Pèlerin Society, perché ne fu un eccellente segretario, e fu lui che mi introdusse nella Mont Pèlerin, dove trovai molti altri “matti” come lui. La Mot Pèlerin Society è piena di questi “matti”, cioè di libertari”. (Sergio Ricossa, Da liberale a libertario – Leonardo Facco Editore – 1999).
Un plauso quindi al Presidente Milei e ben vengano finalmente “matti” di questa statura. Per una serie di motivi: si dimostra competente in materia di teorie economiche liberali e liberiste, cosa per lo più assente nel panorama politico nazionale ed internazionale; conosce e divulga il pensiero di grandi economisti e filosofi liberali, liberisti e libertari (i veri economisti sono anche filosofi) ; e sta cercando di applicare quelle teorie, avendo certo molti nemici da cui guardarsi, da destra e da sinistra.
Non sappiamo se riuscirà a portare a compimento i suoi obiettivi, ma un politico che conosca bene il pensiero, ad esempio, di von Hayek e non lo confonda con il centravanti di una squadra di calcio è già un grande passo, un indice di progresso.
Fabrizio Bonali, 14 febbraio 2024
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