Ritorniamo al punto iniziale: l’esercito ucraino è composto per una grossa parte di milizie paramilitari perché era soggetto a diserzioni massicce nella guerra contro gli indipendentisti russi a est. I nazionalisti invece sono molto motivati, ma usano metodi simili all’Isis, con torture in video e caccia ai sospetti e comunque non costituiscono un esercito regolare. Ora che la guerra si sposta nelle province in maggioranza di lingua russa, i paramilitari nazionalisti si fanno dei nemici tra la popolazione con il loro fanatismo di “Slava Ukraina” (Gloria all’Ucraina) e i loro massacri. Non è difficile trovare interviste a residenti russi di Mariupol, ad esempio, che dicono che pur di liberarsi dai nazionalisti vale la pena di soffrire queste distruzioni.
Il vero obiettivo di Putin
Un conto, insomma, era se i russi avessero occupato Kiev, dove non hanno nessun supporto e un conto è se nelle province di lingua russa si scontrano paramilitari nazionalisti e l’esercito russo. Quest’ultimo offre sistematicamente ai militari regolari ucraini il ritorno alle loro case, e mostra dozzine di video a riguardo, se si arrendono. Al contrario i soldati russi hanno visto in alcuni video terribili – stile Isis – che se si arrendono i paramilitari nazionalisti li massacrano. Tutto questo ha consolidato l’esprit de corps russo. Se la guerra, quindi, continua e anzi si accerchiano le truppe regolari che Zelensky tiene davanti al Donbass è probabile che si disgreghi il fronte interno ucraino.
L’obiettivo russo non è l’occupazione di Kiev e dell’Ucraina, ma è limitato ad una porzione a sud ed est di province di lingua russa. I nazionalisti che vogliono combattere fino all’ultimo uomo con il sostegno Usa e della Nato possono col passare dei mesi perdere il sostegno del resto dell’esercito e anche della popolazione. Come abbiamo ricordato all’inizio, negli anni di guerra strisciante nel Donbass l’esercito regolare ucraino era demotivato e appunto per questo gli Usa hanno fatto ricorso alle milizie paramilitari, anche se erano ultranazionaliste e composte da fanatici. Questo schema di intervento americano è lo stesso per il quale hanno sostenuto prima Al Qaeda in Afghanistan e milizie islamiste in Siria che poi sono diventate entrambi terroristi anche antiamericani.
Putin e i russi conoscono la situazione certamente meglio dei vari Blinken, Nuland e altri strateghi di politica estera Usa che hanno creato guerre civili e disastri dalla Libia all’Iraq. Può essere quindi che i russi continuino lentamente ad avanzare ma solo nelle province di lingua russa, offrendo allo stesso tempo una via di uscita all’esercito regolare. La maggioranza degli ucraini, di lingua ucraina, se vedono che le loro città non vengono invase e distrutte e però la guerra continua, perché i nazionalisti e gli Usa (e Nato) la spingono, possono stancarsi di sopportare una tale situazione.
Può essere, insomma, che gli Usa e la Nato abbiano ancora una volta sbagliato i loro calcoli nello spingere per la sconfitta dalla Russia. E che questa, spalleggiata dalla Cina, con la neutralità di buona parte del resto del mondo, vinca alla fine una guerra che lascerà una lunga scia di morti, morti che si sarebbero potuti evitare se l’Ue invece di pensare su mandato americano ad armare gli ucraini contro i russi avesse svolto un ruolo di mediazione diplomatica tra Mosca e Kiev.