Gentile Sig. Mario e famiglia,
nello scrivere questa lettera mi rivolgo a tutti voi, a tutti i componenti della vostra famiglia, chi era presente nella gioielleria al momento della rapina, ma anche chi non c’era. Lo faccio perché so, per esperienza personale, che sarete tutti – nessuno escluso – vittime di questa brutta storia, che purtroppo è solo all’inizio.
In qualità di figlio di una persona che ha reagito e ucciso, ci tengo innanzitutto ad esprimervi la mia vicinanza in queste ore drammatiche ma soprattutto, raccontandovi quella che è stata la mia esperienza, spero di potervi aiutare concretamente ad affrontare il presente e il futuro.
Nel momento in cui scrivo la dinamica dei fatti che vi hanno coinvolto è ancora molto incerta e, basandomi su quello che mi è accaduto personalmente, so bene che di certe ricostruzioni giornalistiche è bene non fidarsi. Proprio a questo proposito, un suggerimento, mi sento in dovere di darvelo: attenzione a quello che viene scritto e detto in queste primissime ore. Come potrete ben immaginare, la vicenda verrà strumentalizzata mediaticamente e politicamente e ricostruzioni errate e riportate con costanza dai media possono causare molti danni, distorcendo la realtà e indirizzando nella direzione sbagliata la percezione dell’opinione pubblica.
Di mio padre, ad esempio, fu detto e scritto per mesi e mesi che colpì e uccise uno dei malviventi in strada, all’esterno della sua tabaccheria. Ebbene, anche quando emerse la verità, e cioè che furono colpiti all’interno del locale, e che mio padre iniziò a sparare nel momento in cui i rapinatori erano rivolti a lui frontalmente e lo minacciavano armi in mano, fu comunque molto difficile ribaltare una prospettiva ormai saldamente radicata.
Un altro elemento di riflessione che vorrei condividere con voi riguarda l’aspetto della “solidarietà”. La mia famiglia, all’epoca, ebbe a che fare con due tifoserie contrapposte. Per molti papà era un eroe, per altri un killer. Non esistevano vie di mezzo. Ricevette tanti attestati di stima ma anche molti insulti e minacce. Sebbene in questi momenti venga naturale aggrapparsi a tutto, a maggior ragione a chi dimostra di essere dalla nostra parte, è importante non farsi trascinare nell’arena politica. Attenzione, dunque, alle semplificazioni, agli slogan vuoti e ai termini inopportuni. Radicalizzare le rispettive posizioni, alla lunga, non farà il vostro interesse.
La questione decisiva, però, sta nella reale volontà della pubblica accusa nel momento in cui inizia l’iter giudiziario. Nel nostro caso, un perverso furore giustizialista portò i consulenti di parte a formulare perizie totalmente inesatte, ricostruzioni fantasiose e ben oltre i limiti della ragionevolezza. La parzialità della controparte indusse addirittura il perito del pubblico ministero ad affermare che il rapinatore deceduto indossasse la felpa al contrario pur di validare la sua ricostruzione dei fatti. Ecco perché diventa fondamentale effettuare delle controperizie, avvalersi di veri esperti super partes, visionare filmati di telecamere (se possibile). Solo così ci si può salvare da situazioni che finiscono in ogni caso per rovinare la vita di coloro che, loro malgrado, vi si trovano invischiati.
Mio padre fu assolto dopo quasi 10 anni di calvario giudiziario. Anni di vita che non ci restituirà nessuno, così come nessuno riporterà in vita le persone che hanno causato la sua reazione violenta. Una tragedia per tutti, che merita rispetto, comprensione ma soprattutto serietà e verità.
Da drammi come questi si esce cambiati, come individui e come famiglia. Non posso fare altro che augurarvi un esito positivo di tutta la vicenda, per quanto questo sia possibile. Sappiate però che non dovrete combattere solamente per accertare la verità dei fatti. Con tutta probabilità dovrete scontrarvi anche con pregiudizi, ideologie, ignoranza, strumentalizzazioni, malafede. Siate pronti!
Sarebbe bello vivere in un paese che tuteli maggiormente il cittadino onesto, la sua vita e quella dei suoi famigliari, il suo lavoro ma anche il frutto del suo lavoro, la proprietà privata, la sua libertà di vivere, lavorare, difendere sé stesso e le persone amate. La verità è che la legittima difesa è la vera falla del mito statalista che domina le nostre vite. Davanti alla canna di una pistola, o alla lama di un coltello, in quello stato di natura dove vige la regola dell’homo homini lupus, lo Stato e i suoi burocrati scompaiono dall’orizzonte. È il singolo individuo che, in un attimo eterno che fuoriesce dagli schemi della società in cui viviamo, decide il proprio destino e quello dei suoi aguzzini. Questo è ciò che fa più paura. Questo è il vero motivo per cui la legittima difesa non può essere a tutti gli effetti “legittimata”.
Eppure, volenti o nolenti, facciamo parte di questo sistema iniquo che non premia la giustizia sostanziale. E se lo fa, lo fa tardi e male. Ecco perché, se non vi è possibilità di scardinarlo una volta per tutte, diventa importante conoscere bene le regole del gioco e sapere a cosa si sta andando incontro. In questo spero di avervi in qualche modo aiutato.
Un caloroso abbraccio al signor Mario e a tutti voi!
Nicolò Petrali, 30 aprile 2021