In sostanza, per farla breve, le tre pecorelle smarrite che, presentandosi disunite all’appuntamento di domenica, stavano mostrando loro per prime di non credere nei candidati prescelti, si sono di colpo ricompattate. E Tajani, Meloni e Salvini hanno finalmente trovato il tempo per chiudere insieme, cioè con una manifestazione unitaria, come è d’uopo che sia, la campagna elettorale di Milano e Roma. Poi ieri è stato Draghi stesso a dare il pubblico “colpo di grazia”, si fa per dire, a Giorgetti, dicendo in conferenza stampa più o meno quel che dice Salvini in ogni occasione: che non lo si può tirare per la giacchetta perché ciò è irriguardoso sia verso il presidente della Repubblica sia verso il Parlamento che è sovrano e decide chi va al Colle.
Un ultimo elemento a latere: la sinistra, divisa e senza idea quanto mai, ha mostrato proprio in questi giorni, con il suo circolo mediatico-giudiziario, di sapere come sempre utilizzare fin troppo bene le sue “armi improprie” per neutralizzare l’avversario. Berlusconi, che compie proprio in questi giorni gli ottantacinque anni (auguri!), avrà rivisto all’opera negli attacchi a Salvini lo stesso metodo usato nei suoi confronti in passato. E anche per questo ci piace pensare che abbia detto ai suoi di serrare i ranghi.
Corrado Ocone, 30 settembre 2021