Oltre alla guerra, anche le grandi manovre. A Kaliningrad, la exclave russa sul Baltico, incastonata fra Polonia e Lituania, due giorni fa è stata condotta un’esercitazione missilistica, soprattutto per testare la prontezza degli equipaggi dei missili balistici Iskander in risposta ad un eventuale attacco della Nato. Nel frattempo iniziavano le esercitazioni dell’esercito della Bielorussia, separata da Kaliningrad solo dal piccolo “corridoio” di Suwalki. Cosa significano queste manovre?
Nulla di particolare, secondo esperti militari britannici, si tratterebbe praticamente di routine. Vista la stagione e le dimensioni delle unità coinvolte, non sono esercitazioni troppo diverse da quelle che si svolgono periodicamente nello stesso periodo dell’anno. Quindi non c’è nulla di cui preoccuparsi seriamente. Ma siccome è in corso una guerra (vera) in Ucraina, è bene leggerle nel nuovo contesto.
Perché la Bielorussia è importante, prima di tutto: fino al mese scorso è stata la principale retrovia della branca occidentale della manovra a tenaglia su Kiev. Anche dopo la ritirata dalla regione della capitale ucraina, in territorio bielorusso l’aviazione russa ha mantenuto le sue basi. Da un punto di vista strategico, le manovre bielorusse servono anche a trattenere truppe ucraine ad Ovest del fiume Dniepr, così da impedir loro di mandare rinforzi al fronte principale nel Donbass. Finora il dittatore bielorusso Aleksandr Lukashenko non ha mostrato alcuna seria intenzione di intervenire nel conflitto ucraino. Ma il suo continuo tintinnio di sciabole tiene comunque Kiev in sospeso.
Quanto a Kaliningrad: le manovre russe nell’exclave sono congiunte con quelle della Bielorussia. I due settori, Kalingrad e Bielorussia sono strettamente collegati, in caso di conflitto nel baltico devono agire in stretta coordinazione. L’Ucraina, in questo caso, è troppo lontana da Kaliningrad, ma i Paesi scandinavi che vogliono entrare nella Nato, sono molto più vicini. Gli ultimi giorni sono stati caratterizzati anche da una serie di provocazioni aeree russe nel Baltico. La Svezia ha denunciato la violazione del suo spazio aereo. Un altro aereo-spia russo, un Il-20, è stato intercettato e scortato fuori dallo spazio aereo tedesco, sempre sul Baltico. Un’esercitazione missilistica nel Baltico orientale completa il quadro delle intimidazioni.
Si tratta anche di un promemoria sul nucleare. I missili Iskander sono stati lanciati in gran numero contro bersagli ucraini, sempre con testate convenzionali. Ma possono anche portare quelle nucleari. I russi, sempre attenti a denunciare le armi atomiche della Nato (che sono in tutto un centinaio di bombe B61, depositate in Europa occidentale, ben lontane dai confini russi), si permettono al tempo stesso di mantenere testate nucleari ai confini della Nato, nella loro exclave baltica. Ogni esercitazione che riguarda i missili balistici, è dunque, implicitamente, un’intimidazione nucleare: gli Iskander possono colpire gli interi territori di Polonia, Lituania e Lettonia. Secondo alcune stime sulla loro gittata massima, potrebbero arrivare fino a Berlino.
Qualunque sia lo scopo di queste esercitazioni, di sicuro non stanno ottenendo lo scopo di intimidire la Nato e neppure i Paesi candidati. La Finlandia e la Svezia, che hanno espresso informalmente la loro intenzione di entrare nell’Alleanza, non paiono affatto aver cambiato idea. Un annuncio ufficiale della candidatura, almeno da parte della Finlandia, è previsto per il 12 maggio. Per includere i due Paesi scandinavi nella Nato occorreranno diversi mesi, come dimostrano i precedenti, e si incontreranno resistenze anche molto dure (ad esempio la Croazia minaccia già di porre il veto), ma da subito, dal giorno dell’accettazione della candidatura, che Stoltenberg promette “in poche settimane”, potrebbero già svolgersi esercitazioni congiunte e pattuglie aeree in comune nell’area del Baltico. La minaccia russa, insomma, non è abbastanza credibile (o non lo è più) da intimidire i Paesi di frontiera.
Stefano Magni, 6 maggio 2022