La grande (si fa per dire) campagna elettorale di queste elezioni corre lungo due direttive. Da una parte accusare Giorgia Meloni di essere la reincarnazione femminile di Benito Mussolini. Dall’altra accusare Matteo Salvini e Silvio Berlusconi di andare a braccetto con Vladimir Putin un fine settimana sì e l’altro pure. Il Pd, Enrico Letta, Luigi Di Maio e la sinistra italiana tutta si svegliano dunque ogni mattina, leggono Repubblica e cercano di capire in che modo colpire l’avversario su questi due unici temi.
Anche oggi il leader di Impegno Civico (viene da sorridere solo a scriverlo), si è fatto intervistare da Repubblica per ribadire questi innovativi temi dopo l’inchiesta del quotidiano sulla presunta spia russa che avrebbe infiltrato i vertici Nato a Napoli. Forse consapevole che il suo sodalizio con Tabacci (anche qui, grasse risate) non gli farà spiccare il volo, Di Maio è tornato ad evocare “ombre russe anche sulle elezioni” pur senza fornire alcuna prova concreta se non le “indicazioni di voto di Medvedev”, i complimenti dell’ambasciatore Razov a Conte e il viaggio che Salvini avrebbe dovuto fare a Mosca per cercare la pace. Insomma: il ministro degli Esteri non nasconde di essere preoccupato per le infiltrazioni di cui Mosca sarebbe in grado. E ci può stare. Se non fosse che Di Maio era ministro anche quando, nel 2020, la Russia mandò con tanto amore una sua delegazione di soldati in giro per l’Italia a disinfettare le Rsa contro il Covid.
Di quella missione abbiamo già parlato. I nostri servizi hanno tenuto d’occhio i colleghi russi ed è difficile che abbiano davvero rubato chissà quale segreto. Però insomma: dal punto di vista mediatico fece certo un suo effetto. E qui arriviamo al punto. Alla domanda del giornalista (“Fu un errore far entrare la delegazione russa piena zeppa di ufficiali dell’intelligence di Mosca?”), Di Maio risponde auto-flagellandosi. Dandosi la zappa sui piedi. Confessando, in sostanza, di essersi fatto fregare dai russi per almeno due anni. Dice Luigino: “Abbiamo capito quanto quella missione fosse strumentale quando il governo russo, dopo la nostra condanna dell’invasione dell’Ucraina, ha rinfacciato all’Italia l’ingratitudine per gli aiuti sul Covid”.
Dunque mettiamo in fila le date. A marzo del 2020 la missione russa approda in Italia e fa quel che deve fare. Di Maio, insieme al governo Conte, ringrazia sentitamente. Poi due anni dopo, a fine febbraio del 2022, quando Putin invade l’Ucraina, il ministro si sveglia e si accorge che quella missione era “strumentale”. Bene esserci arrivati, ma forse ci ha messo un po’ troppo per aprire gli occhi. Noi, fossimo stati in Di Maio, non saremmo stati così sinceri. Non ci fa una bella figura.