EsteriL'inattuale

Mistero Taiwan: c’è da preoccuparsi?

La tragedia russo-ucraina ci ha mostrato che la guerra non è un fenomeno poi così inattuale. I fatti del 7 ottobre scorso in Israele lo hanno confermato. Una brutalità novecentesca aleggia sul mondo “libero”. Le guerre d’invasione divengono un’inquietante possibilità. Qualcosa che avevamo rimosso, rifiutato. Il cristallo dell’equilibrio si incrina sempre di più e i mastini infernali latrano per invadere nuovamente il mondo. Molti si chiedono se il colpo di martello definitivo cadrà su Taiwan.

Certo, se c’è una cosa che i cinesi non sanno fare è proprio la guerra. Grandi scopritori di meraviglie della tecnica, il combattimento non è cosa loro. Sono sempre stati invasi e colonizzati da tutti: mongoli, inglesi, russi, giapponesi. L’esercito cinese, pur contando su grandi numeri, ha piedi d’argilla esattamente come il Paese che difende. La tecnologia militare è ancora molto arretrata e i generali che conoscono davvero la guerra applicano solo vecchie tattiche sovietiche. Taiwan è un’isola moderna, tecnologizzata, con un popolo giovane e cosmopolita.

Dunque, c’è da preoccuparsi? Proprio la guerra è una delle grandi ossessioni di Xi Jinping. Egli, come un Mussolini postmoderno, vorrebbe che il suo popolo fosse forte, combattente, capace di grandi imprese militari. Soprattutto i giovani. Un termine inquietante aleggia nella propaganda cinese: “Ringiovanimento” (Rejouvenation). Ringiovanire il vecchio e impigrito popolo Han attraverso la guerra. Il “sogno cinese” di rivitalizzare una Nazione invecchiata e corrotta dalle debolezze occidentali passa attraverso l’ideologia militare. Chissà che anche Xi non si affacci da qualche balcone per arringare l’esercito con la retorica del trionfo e della vittoria.

La riunificazione (leggi annessione) di Taiwan alla madrepatria è il grande sogno proibito che tormenta la mente del leader cinese, colui che più di altri ha dato alla Cina quelle proiezioni geopolitiche che non aveva mai posseduto. Anche perché da quell’isoletta si accede all’alto mare e si potrebbe incrinare la “catena di contenimento” su cui contano gli Stati Uniti. C’è da sperare che questo sogno rimanga una fantasia mussoliniana: grandiosa ma un po’ ridicola. Irrealizzabile.

Intanto si studia il conflitto in Ucraina e ci si esercita. Fino a quando si sentirà parlare di esercitazioni il pericolo non sarà concreto. Quello che precede la guerra è il silenzio. E gli Stati Uniti? Scomparsi. Confusi. Come l’armata di Senofonte non sanno come tornare ad essere quello che erano. Speriamo che il silenzio duri a lungo.

Francesco Teodori, 16 gennaio 2023