«Moderato lo dica a sua sorella, grazie». In questa pletora di «responsabili» che sembrano saltare fuori da ogni dove, e che sono ovviamente moderati, è la sola risposta sensata che mi verrebbe da dare. Fastidioso ed inevitabile come un herpes in un organismo debilitato, ecco ricomparire il dibattito sui moderati, accompagnato ovviamente da quello sul centro, con variante aggettivale di «grande» (il Grande Centro). Perché il moderato è sempre ovviamente centrista, oppure «guarda al..». Nonostante la tendenza all’ossimoro della nostra vita politica, ancora infatti non si è affermato il «moderato estremista» o il «moderato radicale», per cui se sei moderato o se devi diventarlo, devi perdere un po’ quei caratteri che hanno definito la tua identità, devi diventare un po’ trans, e forse un po’ trasgender, con una sessualità politica liquida, e molto molto sliding doors.
Ora moderato assume due significati, uno sul versante di come si comunica, l’altro su ciò che si comunica. Devi diventare moderato, intimano persone che si presume moderate lo siano già, a Matteo Salvini soprattutto, quindi devi «abbassare i toni». Il moderato non urla, non veste felpe, non tiene discorsi improvvisati. Peccato però che la comunicazione politica oggi passi necessariamente attraverso la rottura di quello che era considerata la formalità. Chiedere a Trump, ad esempio, di abbassare i toni, e anche chiederlo a Salvini, vuol dire non aver capito nulla della nuova politica, incarnata dai nuovi leader conservatori, sovranisti, nazionalisti. Che devono continuare a urlare, anche quando sono al potere, perché il rumore prodotto dell’establishment altrimenti non consentirebbe di far sentire la loro voce. La cosa divertente è che anche la sinistra ha (ri)cominciato a urlare, e vedremo che fine farà il neo dem Bloomberg di fronte allo shout non tanto di Sanders quanto dei sanderisti (vedere i loro meeting, in confronto i trumpiani sono …moderati).
L’altro significato della parola «moderato» oggi rimanda al contenuto. Essere moderato significa oggi essere un po’ europeista, un po’ pro LGbt, un po’ pro Carola, un po’ pro immigrazione libera, un po’ pro aborto, un po’, anzi molto, pro euro, un po’ anti trumpiano, un po’ filo cinese e cosi via. E quel «un po’» marcherebbe la differenza con la sinistra, che invece è tutte quelle cose, ma senza il diminutivo insomma, il moderato oggi per essere moderato deve essere di sinistra, una sinistra certo rosé, che non urla, che abbassa i toni, una sinistra alla Beatrice Lorenzin, inutile figura della vita politica italiana che però nel passaggio dal berlusconismo al Pd zingarettiano rappresenta la realizzazione di ciò che a Fini non riuscì. Questa sinistra rosé sarebbe poi la «destra buona» suggerita da qualche ex consigliere della sciagurata vicenda di Futuro e Libertà. Ma se quella è destra, io sono premio Nobel della Fisica.
Non so cosa devono essere oggi i conservatori , cioè la destra. So che non deve essere moderata, ma ben ferma nei suoi valori, che devono essere antitetici a quelli dei progressisti. Nessun leader vincente della galassia conservatrice mondiale, da Trump a Bo Jo a Bolsonaro, è moderato. Cosi come non lo fu Silvio Berlusconi, nonostante una recente auto ricostruzione di quel movimento voglia farci credere che il berlusconismo lo sia stato. Forse lo sarà diventato nell’età della decadenza, in quella aurorale e dell’oro, tutto era fuorché un movimento guidato da un moderato.