Remo Ruffini è un uomo di poche parole. Non rilascia interviste di sovente. E tanto meno si impiccia di cose pubbliche: ama il suo lago, quello di Como e il suo lavoro. Ha rifondato la Moncler, l’ha portata a diventare un caso di successo mondiale. Da fallita, prima del suo ingresso, è arrivata a valere 10 miliardi in Borsa: ora è scesa a sette. Ho insistito con Ruffini, perché è da una settimana che vuole mettere soldi e risorse nel progetto del nuovo ospedale alla Fiera di Milano, ma non ci riesce. “Bisogna fare presto – dice subito – , possiamo resistere ancora 40-50 giorni, ma se dura di più le conseguenze sanitarie ed economiche saranno devastanti”.
Preoccupato?
“Certo che lo sono, ma il miglior modo per rispondere alla preoccupazione è la reazione”.
Quale?
“Dobbiamo costruire questo ospedale alle porte di Milano. Ci stiamo sopra da almeno una settimana. E per le nostre attività questi sarebbero tempi biblici. Non ne abbiamo così tanto a disposizione di tempo anche per le cure”.
Ma voi che fareste?
“L’unica cosa che possiamo fare: dare un sostegno finanziario. Quello che serve. Milano è una città che ha regalato a tutti noi un presente straordinario. Non possiamo e non dobbiamo abbandonarla. Dobbiamo aprire il portafoglio e fare tutto ciò che serve. Restituire a Milano ciò che fino ad ora ci ha dato, è il minimo”.
Avete contattato qualcuno?
“Sì, abbiamo avuto rapporti con l’assessore Gallera. Mi sembra molto sul pezzo. Ma non ha potuto ancora farci una richiesta precisa. Sembra che non gli facciano fare l’ospedale. Io non ho intenzione di entrare nelle polemiche. Che in questo momento interessano nessuno. Sono certo che l’arrivo di un uomo concreto come Bertolaso possa aiutare a velocizzare le pratiche, lo dimostra la sua storia. Ha sempre dato grandi risultati. I soldi ci sono. Il progetto pure. Bisogna fare, non perdersi e non perdere”.
L’idea della Regione è di fare un ospedale da 400-500 posti con terapie intensive, un progetto che potrebbe arrivare a 40 milioni di euro, considerando il costo di un posto letto tra i 60 e i 70 mila euro.
“Noi abbiamo intenzione di dare avvio a questa start up. È il miglior progetto per dare una risposta immediata ai cittadini. Noi siamo pronti a seguire le richieste che ci faranno. Crediamo fortemente in questa operazione. Ci saranno ovviamente molti problemi per realizzarla. Ma ogni start up ne ha”.
Ma si tratta di una sponsorizzazione?
“Ma per carità. Non vogliamo nessun ritorno. Ne parlo pubblicamente solo per far capire che noi ci siamo, e sono certo che con Moncler si assocerebbero tante altre imprese. Alcune le ho anche sentite. Bisogna dare il la e partire. Non sarà facile reperire il materiale, i medici, ma l’organizzazione e le risorse non mancano. Abbiamo contribuito a creare scuole grazie alla capacità e caparbietà della Fondazione Rava nelle zone terremotate, dobbiamo fare la stessa cosa a Milano che oggi è terremotata dal virus”.
Cita spesso Milano.
“Non vorrei sembrarle fissato. Ma la città ha avuto la capacità in questi anni di attrarre persone, società e intelligenze eccezionali. Non solo la Lombardia, ma l’Italia non può permettersi di perderla. Dobbiamo pensare a curare l’emergenza, ma anche e soprattutto pensare a domani. Dopo che passerà il virus dobbiamo spazzare velocemente le macerie”.
Lei crede che ci sia una responsabilità della burocrazia?
“Penso che la regione Lombardia stia dando l’anima, ma non dipende solo da lei. Ognuno ha i suoi problemi, non mi faccia fare polemiche. Noi vogliamo solo che si costruisca un ospedale. E in fretta”.
Nicola Porro per Il Giornale, 17 marzo 2020