Economia

Il mondo è più ricco ma è più comodo dire che è ingiusto

Banconote euro

Ieri l’organizzazione internazionale del lavoro ha diffuso dei dati apparentemente allarmanti.

Nel 2013 nel mondo sarebbero stati bruciati 1.200 miliardi di salari. Una cifra che vale poco più della metà del Pil italiano. Il rapporto continua dicendo che la disuguaglianza mondiale sarebbe, di conseguenza, enormemente cresciuta. Numeri che confermerebbero le tesi scritte nel caso editoriale dell’anno scorso: Il capitale del XXI secolo di Piketty.

Si tratta di tesi sballate e rischiose. Il rischio è che si trasformino in una religione, come quella che dagli anni ’70 in poi ci ha fatto vivere nell’incubo dell’ineluttabile riscaldamento del pianeta. Come tutte le religioni si basa su presupposti fideistici e non su fatti verificabili.

La ricchezza piuttosto è cresciuta. Lo storico Angus Maddison (citato da Carlo Stagnaro) ha dimostrato che il Pil pro capite medio globale è esploso da 467 «dollari internazionali del 1990» (un’ipotetica valuta costruita in modo tale da avere lo stesso potere d’acquisto di un dollaro nel 1990) a 7.614 nel 2008.

Certo poi c’è stata una crisi, di quelle toste, ma siamo ben lontani dai 467.

Non basta. In sessant’anni sul nostro pianeta soggiornano la bellezza di cinque miliardi di esseri umani in più (erano 2,5 miliardi nel 1950). Il che vuol dire che in poco meno di un secolo il mercato ha creato una quantità di risorse e beni un tempo inimmaginabili. Come la volete chiamare questa, se non ricchezza. E per di più diffusa.

Si dice che esista una maggiore disuguaglianza. Probabilmente in termini monetari è possibile. Ma qualcuno di voi si ricorda, dall’infanzia, il libro Cristo si è fermato ad Eboli ? Ciò che vogliamo dire è che la disuguaglianza (sulla cui misurabilità gli economisti si interrogano da almeno un secolo) è concetto fragile e molto relativo.

Oggi Bill Gates e un giovane disoccupato italiano sono entrambi dotati del medesimo smartphone, che vuol dire comunicazione, informazione, libertà e tutto quello che volete applicarci sopra. Insomma, la sintesi è che la torta è cresciuta molto, non tutti hanno la stessa fetta, ma le briciole sono diventate molto nutrienti.

Queste idee, dicevamo, comportano anche un rischio. Il sottinteso è che se aumenta la disuguaglianza e se i salari globali vengono intaccati, si deve agire. E pure in fretta. Non essendoci a disposizione Babbo Natale, è compito dei governi. Che hanno a disposizione una sola leva: togliere ai ricchi e dare ai poveri. Già sentita, me ne rendo conto.

Ma se il mondo è sempre più ingiusto e ognuno si sente a modo suo vittima di un’ingiustizia, si cerca un salvatore. Che purtroppo è pronto lì ad agire. Che arma formidabile stiamo fornendo a politici e governanti di tutto il mondo per mettere le mani nelle tasche dei presunti ricchi, che poi sono la classe media, per aiutare chi non lo è.

Ciò non vuol dire che non esistano disuguaglianze. Tutt’altro. E che spesso siano odiose. Ma la disuguaglianza più ingiusta è quella che crea un politico o quella di uno paese che è costretto a girare a ritmo ridotto, rispetto al resto del mondo, perché i suoi governanti dietro alla sventolante bandiera di redistribuire il reddito, contribuiscono solo a ridurlo.

I nostri nonni sognavano un paio di scarpe da calzare, i nostri nipoti un telefonino con cui comunicare.

Nicola Porro, Il Giornale 20 maggio 2015

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