Monti e il Minculpop: la cosa più grave è il silenzio delle istituzioni

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Il senatore a vita Monti, già tecnico, anche lui, già SuperMario, anche lui, se ne esce a una trasmissione televisiva di sinistra su una rete di sinistra: “Bisogna trovare modalità di somministrazione meno democratiche dell’informazione”. Al che i conduttori e l’ospite, tutti di sinistra, lo prendono sul serio: “Discorso interessante, da approfondire”. Ma c’è poco da approfondire, è non tanto la legittimazione della censura fascista quanto la pretesa della menzogna di regime. Le due cose vanno di pari passo? Sì, ma in tempi di emergenza la menzogna di sistema fa catastrofi. Difatti ha già provocato centotrentamila morti e una alienazione sociale da cui sarà difficilissimo riaversi. Ora, lasciamo perdere i Parenzo e le Concita, da cui non è lecito aspettarsi scatti di orgoglio professionale, lasciamo perdere gli intellettuali assortiti di sinistra che tacciono, omertosi, puttaneschi come non mai. E lasciamo dove stanno l’Ordine dei giornalisti, la pletora di associazioni “per la libera stampa” e tutto il resto del Barnum più cabarettistico che informativo. Del resto, che il sistema delle notizie sia al 99% spalmato sulla narrazione di regime, avendo rinnegato la sua stessa ragion d’essere, non passa giorno, non passa ora che non venga confermato in modo clamoroso.

Chiediamoci invece che ne è delle istituzioni democratiche, di chi le incarna. Di fronte a un proclama palesemente eversivo, uno si aspetta una immediata dissociazione dai vertici: Presidente del Consiglio, Presidente della Repubblica, leader di tutti i partiti, già che ci siamo anche il Presidente della Corte costituzionale: niente, un silenzio davvero tombale, cimiteriale. Lo Stato democratico, la politica democratica concorde nell’avallare, in forma di silenzio-assenso, la aperta teorizzazione della dittatura con la sparuta eccezione di Giorgia Meloni, in fama di fascista, a difendere la decenza: “Avvertitelo che viviamo in democrazia”. Ma forse si sbaglia lei.

Ed è questo che maggiormente inquieta anche se non stupisce: come aspettarsi una reazione da un premier che considera i non vaccinati, e, per traslazione, i non allineati, come dei paria, meno che umani, non appartenenti al consorzio sociale? E che annuncia la militarizzazione del Paese? Come aspettarsela da un Capo dello Stato che pochi giorni fa teorizzava il sacrificio del dissenso a vantaggio di una sicurezza sanitaria tutta da dimostrare? Quanto ai partiti, evitiamo di scadere nel patetico. C’è ancora una sensibilità democratica nel Paese, o il Paese è assuefatto alla dimensione concentrazionaria e autoritaria? Forse, dopo tutto, aveva ragione Giorgio Bocca quando diceva che gli italiani sono fascisti dentro: per dire allergici al senso di responsabilità, abituati al provvidenzialismo dell’uomo forte da scaricare alla bisogna, opportunisti nella loro anarchia intruppata, non inclini a ribellarsi, a reagire, quanto ad aggirare la pressione a forza di espedienti, di furbate, di trovate a volte miserabili a volte geniali. “All’italiana”, modalità curiosa per cui siamo noti nel mondo. Ma che una trovata di sapore golpista come quella del senatore a vita Monti non susciti l’esigenza di ribadire, nei vertici istituzionali, uno scrupolo, una tutela democratica, questo la dice lunga sullo Stato e sulla sua distanza dai cittadini. Se ne deduce che il senatore a vita ha parlato sapendo di trovare ampio riscontro, quasi in funzione di rompighiaccio. Ed è questo, più che le sconclusionate aspettative di Monti, a fare paura.

Max Del Papa, 29 novembre 2021

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