Immaginiamo che gli Stati Uniti decidano definitivamente che la Groenlandia rappresenta un interesse strategico troppo importante per restare danese. Nessuna trattativa: semplicemente, truppe americane sbarcano, occupano infrastrutture chiave e annunciano che “per la sicurezza globale” – leggi: per le rotte artiche e i giacimenti minerari – è necessario un “presidio stabile”.
A quel punto, qualcuno potrebbe ricordarsi dell’articolo 5 del Trattato Nato, quello che impone la mutua difesa in caso di attacco a uno Stato membro. La Groenlandia è territorio danese. La Danimarca è nella Nato. Un’aggressione al suo territorio dovrebbe attivare la solidarietà militare degli alleati. Ma cosa succede quando l’aggressore è uno Stato membro, visto che la norma non contempla questa ipotesi? Nel 1939, mentre l’Europa era sull’orlo della catastrofe, un dibattito simile agitava le cancellerie occidentali: morire per Danzica? Valeva davvero la pena entrare in guerra per una città “periferica”, per una causa magari giusta, ma politicamente scomoda?
Oggi, la domanda sarebbe simile: morire per Nuuk, una colonia artica semi-autonoma, distante da tutto tranne che dagli interessi geostrategici americani? La risposta sarebbe probabilmente la stessa di allora e si constaterebbe ancora una volta che il diritto internazionale funziona bene finché non tocca gli interessi dei più forti. Infatti, non si morì per Danzica, se non troppo tardi, e oggi nessuno morirebbe per la Groenlandia. Non perché manchino i principi, ma perché anche quello fondamentale della mutua difesa è, nei fatti, subordinato alla gerarchia interna dell’Alleanza. L’articolo 5 tutela chi non disturba i grandi equilibri. Quando li disturba, torna in auge l’intramontabile e dura legge del più forte.
Chi pensava che la Nato fosse una comunità di pari, scoprirebbe che è una società dove alcuni sono soci e altri semplici affiliati, magari pure considerati parassiti. E quando uno dei soci che contano decide che un pezzo dell’impero deve cambiare bandiera, gli altri si limitano a prenderne atto perché le regole del diritto internazionale, si sa, sono vincolanti solo per chi non ha il potere di ignorarle.
Giorgio Carta, 27 marzo 2025
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