Nel frattempo, gli orrori della guerra proseguono. Proprio a Mariupol, secondo il consiglio comunale della cittadina, 308 residenti, tra cui 90 bambini, sono stati rapiti e deportati a Vladivostok, città nell’estremo oriente della Russia che dista più di 9.000 chilometri dalla stessa Mariupol. Un’altra fossa comune di mille cittadini è stata ritrovata in città. Il vice sindaco, Sergei Orlov, parla addirittura di “28 mila abitanti uccisi”, mentre il sindaco nega qualsiasi ipotesi di arresa, avanzando anche l’ipotesi di genocidio “come a Bucha”. La città portuale di Odessa, invece, è colpita in queste ore da attacchi missilistici e da razzi contro edifici residenziali.
Il futuro dell’Ucraina è segnato? Non è assolutamente detto. Putin deve ancora portare a conclusione il suo piano di conquista, rivelato anche dall’importante generale Rustam Minnekayev, e stabilizzare le truppe di resistenza presenti nelle regioni – non è escluso che quest’ultima possa rivelarsi una delle operazioni più difficili.
Di una cosa, però, siamo certi: le difficoltà della Russia sono state decisamente maggiori rispetto a quelle che il Cremlino predeterminò all’alba del conflitto. Mosca esordì con l’idea di una “guerra-lampo” di pochi giorni, per poi passare al consolidamento del solo Donbass. Oggi, invece, la propaganda è tornata a volgere lo sguardo verso nuove mire espansionistiche.
Non è escluso che la resistenza possa riservarci nuove sorprese; ma ad ogni città persa corrispondono meno difese, riserve, uomini, cibo ed acqua. Nel medio-lungo termine, tutto ciò potrebbe essere fatale. Per Zelensky, per l’intera Ucraina. Non è un caso se Boris Johnson in conferenza stampa a New Dehli ha lanciato l’allarme su un un conflitto che può durare fino alla fine del 2023. E il cui esito non è affatto scontato: c’è una “realistica possibilità”, ha detto il premier britannico, che Putin possa vincere.
Matteo Milanesi, 23 aprile 2022