Ancora tragici giorni di guerra in Ucraina. Dopo il fallito tentativo russo di “denazificare” Kiev, attraverso la destituzione di Zelensky e l’instaurazione di un governo fantoccio, le truppe di Mosca hanno cominciato ad intraprendere innumerevoli offensive nella ragione del Donbass e lungo la costa del Mar Nero.
Pochi giorni fa, gli invasori hanno conquistato le città di Melitopol e Kherson, anche se la resistenza ucraina continua a non arrendersi. Nella seconda, in particolare, le forze russe hanno già innalzato la bandiera dell’Unione Sovietica e inaugurato una statua in onore di Lenin. Eppure, secondo le fonti riportate dalla direzione principale dell’intelligence ucraina, la partita è ancora aperta: la resistenza, infatti, avrebbe ucciso due generali russi e distrutto il posto di comando delle forze di occupazione nella regione.
Melitopol e Kherson rappresentano i primi successi della “fase due” di Vladimir Putin. Strategicamente posizionate a sud del fiume Dnieper, che taglia a metà l’intera Ucraina, la loro conquista ha consentito all’esercito di Mosca di creare un collante con la già russa Crimea e puntare alla conquista dell’intera costa, con punti strategici situati a Mariupol e Odessa.
Al tramonto del 59º giorno di guerra, quindi, l’offensiva di Mosca prosegue nella sua espansione ad Est con la conquista di Mariupol, che i media russi danno già in mano alle forze dell’Armata, ma i bombardamenti proseguono nei pressi dell’acciaieria Azovstal, dove numerosi civili ucraini hanno trovato rifugio nei sotterranei. Mentre, ad ovest, con la presa del porto di Odessa, la quale consentirebbe di congiungere il sud dell’Ucraina occupato dai russi alla Transnistria, repubblica separatista in territorio moldavo. In caso di esito positivo della complessa operazione, Putin potrà ottenere il pieno controllo su un’area di mille chilometri, dal Donbass alla regione moldava.
Ammesso che l’intero piano giunga al suo termine, Kiev verrebbe totalmente isolata, in assenza di sbocchi sul mare, accerchiata a nord dalla Bielorussia ed a sud-est dalle forze di invasione, priva delle sue principali fonti minerarie ed industriali. Da qui, potrebbe configurarsi ciò che Putin predicò il 24 febbraio, giorno dell’inizio della guerra: la presa della capitale. Infatti, non è difficile immaginare che il Cremlino possa sferrare il colpo definitivo alla città più importante, ormai debole, accerchiata ed indifesa, dopo il consolidamento russo in tutto il sud del Paese.
Nel frattempo, gli orrori della guerra proseguono. Proprio a Mariupol, secondo il consiglio comunale della cittadina, 308 residenti, tra cui 90 bambini, sono stati rapiti e deportati a Vladivostok, città nell’estremo oriente della Russia che dista più di 9.000 chilometri dalla stessa Mariupol. Un’altra fossa comune di mille cittadini è stata ritrovata in città. Il vice sindaco, Sergei Orlov, parla addirittura di “28 mila abitanti uccisi”, mentre il sindaco nega qualsiasi ipotesi di arresa, avanzando anche l’ipotesi di genocidio “come a Bucha”. La città portuale di Odessa, invece, è colpita in queste ore da attacchi missilistici e da razzi contro edifici residenziali.
Il futuro dell’Ucraina è segnato? Non è assolutamente detto. Putin deve ancora portare a conclusione il suo piano di conquista, rivelato anche dall’importante generale Rustam Minnekayev, e stabilizzare le truppe di resistenza presenti nelle regioni – non è escluso che quest’ultima possa rivelarsi una delle operazioni più difficili.
Di una cosa, però, siamo certi: le difficoltà della Russia sono state decisamente maggiori rispetto a quelle che il Cremlino predeterminò all’alba del conflitto. Mosca esordì con l’idea di una “guerra-lampo” di pochi giorni, per poi passare al consolidamento del solo Donbass. Oggi, invece, la propaganda è tornata a volgere lo sguardo verso nuove mire espansionistiche.
Non è escluso che la resistenza possa riservarci nuove sorprese; ma ad ogni città persa corrispondono meno difese, riserve, uomini, cibo ed acqua. Nel medio-lungo termine, tutto ciò potrebbe essere fatale. Per Zelensky, per l’intera Ucraina. Non è un caso se Boris Johnson in conferenza stampa a New Dehli ha lanciato l’allarme su un un conflitto che può durare fino alla fine del 2023. E il cui esito non è affatto scontato: c’è una “realistica possibilità”, ha detto il premier britannico, che Putin possa vincere.
Matteo Milanesi, 23 aprile 2022