Non sempre i numeri forniscono tutte le risposte, tuttavia da una loro analisi critica spesso e volentieri emergono una serie di spunti interessanti. Il pareggio a reti inviolate del Napoli a Bologna di domenica ha certificato un avvio di stagione a scartamento ridotto per i partenopei, campioni d’Italia in carica e dominatori assoluti dello scorso campionato.
Prendendo a riferimento le prime 5 giornate di Serie A, dodici mesi fa il Napoli di Spalletti aveva totalizzato undici punti (frutto di 3 vittorie e 2 pareggi) mentre la squadra di Garcia ne ha racimolati otto (2 vittorie, 2 pareggi ed una sconfitta) ed è già a -7 dall’Inter in vetta solitaria a punteggio pieno. Più che il saldo negativo in termini di punti tra Spalletti e Garcia, sorprendono da un lato l’appannamento di alcuni giocatori chiave dello scudetto e dall’altro le difficoltà di adattamento della squadra al modello di gioco e alle soluzioni tattiche del nuovo tecnico.
Se nella fase di avvio della passata stagione scoprivamo il talento cristallino di Kvaratskhelia, autore di giocate fantastiche e gol decisivi, quest’anno il georgiano è ancora lontano dai livelli cui ci aveva abituato; lo stesso Osimhen, vero trascinatore del Napoli scudettato, sembra aver perso lo smalto dello scorso anno ed anche l’errore dal dischetto con il Bologna si configura come un episodio sfortunato sintomatico di un periodo non semplice. Più in generale appare evidente che né Kvara né Osimhen abbiano con Garcia quel feeling che avevano con Spalletti, testimoniato anche da gesti di insofferenza al momento di alcune sostituzioni.
A livello di approccio, se il Napoli di Spalletti era sempre molto propositivo e faceva del gioco offensivo abbinato al possesso palla la propria cifra stilistica, Garcia ha una filosofia di calcio differente, più votata alla verticalità e alla velocità, di cui finora si sono visti solamente pochi sprazzi, e che probabilmente la squadra non ha ancora metabolizzato; sempre nel confronto con Spalletti colpiscono poi alcune scelte tattiche di Garcia che in certi frangenti di partite da vincere, anziché aumentare il peso offensivo della squadra, ha optato per scelte più conservative e “difensiviste”.
Va da sé che il compito affidato in estate a Garcia non fosse dei più semplici; ereditare da Spalletti il Napoli campione d’Italia comportava rischi concreti, soprattutto perché a fronte di risultati non particolarmente brillanti si sarebbero sprecati i confronti con il tecnico di Certaldo. Per fare meglio di Spalletti Garcia dovrebbe conquistare il 4° scudetto della storia del Napoli o fare un percorso ancora più virtuoso in Champions (ad esempio raggiungendo le semifinali) ed è chiaro che questo non fa che mettere pressione sul tecnico francese, consapevole della durezza della sfida e del fatto che chiudere la stagione senza vincere o quanto meno lottare per lo scudetto potrebbe essere sinonimo di fallimento.
Paradossalmente, il fatto che il Napoli, eccezion fatta per Kim (passato al Bayern Monaco che ha pagato la clausola rescissoria), abbia sostanzialmente confermato il blocco scudetto all’insegna della continuità, favorisce continue analisi comparate tra quello che ha fatto Spalletti e ciò che riuscirà a fare Garcia.
Ovviamente è più che lecito che ciascun allenatore imponga il proprio credo all’interno del club che guida ed è quindi comprensibile che Garcia si sia presentato a Napoli con la volontà di promuovere la propria idea di calcio, fisiologicamente differente da quella di Spalletti; tuttavia, di fronte ad un Napoli vincente e dagli automatismi al limite della perfezione, con una rosa pressoché invariata rispetto a quella di una stagione dominata, almeno in una fase iniziale era preferibile limitare il più possibile i cambiamenti, dando tempo alla squadra di assimilare con gradualità i dettami tecnico tattici del nuovo allenatore.
Il rischio di “inceppare” una macchina che funziona benissimo è altrimenti molto elevato e quanto sta accadendo al Napoli sembra proprio avallare questa interpretazione. Anche se siamo soltanto ad inizio stagione ed è presto per fare dei processi, non si può non sottolineare come il Napoli plasmato da Spalletti che incantava in Italia ed in Europa sia soltanto un lontano ricordo, ben diverso dal Napoli sottotono di queste prime uscite della gestione Garcia.
Parlare di un Garcia non più così saldo sulla panchina partenopea è certamente prematuro, tuttavia serve invertire prontamente la tendenza e soprattutto iniziare a correre per risalire la china e restare agganciati al treno scudetto. I sette punti di gap con i nerazzurri sono ampiamente colmabili, a patto di un cambio di passo repentino e di un filotto di vittorie che possa riportare serenità e fiducia in un ambiente che sembra aver perso quelle certezze che aveva costruito in un’annata trionfale.
Probabilmente a Garcia servirebbe tempo per plasmare il Napoli a propria immagine e somiglianza ma sappiamo molto bene che il concetto di tempo nel calcio è indissolubilmente legato ai risultati; qualora questi non arrivassero va da sé che la posizione del tecnico francese si indebolirebbe e quindi molto dipenderà dalla sua capacità di gestire al meglio (e superare) questa fase di difficoltà e di rivitalizzare quei calciatori chiave che hanno fatto le fortune del club e di Spalletti nella scorsa stagione.
Se ciò accadrà avremo probabilmente l’opportunità di vedere il vero Napoli di Garcia mentre in caso contrario non è da escludere nessuno scenario, neppure quello di un possibile esonero.
Comunque vada la sensazione è che l’ombra lunga del confronto con Spalletti continuerà ad aleggiare sul tecnico francese per tutto il periodo della sua permanenza sulla panchina azzurra.
Enrico Paci, 25 settembre 2023