Il Natale per me è il Presepe, perché il Presepe è Natale. Un’invenzione di quel genio della comunicazione senza tempo che fu San Francesco. Il Presepe è vita vera, autentica, umana.
Nella stalla di Betlemme c’è, ed è rappresentato, il mondo intero, oltre agli animali (senza gli animalisti) ci sono, secondo una logistica divina, i potenti, i ricchi, i poveri, le gerarchie angeliche, persino i magi persiani, dalle imbarazzanti somiglianze con l’ayatollah Khomeini.
Il Presepe è l’ultimo legame che ci resta con la cultura giudaico cristiana che questa ridicola Europa (quella dell’Euro, quindi del Bitcoin, che presto lo divorerà prendendo il suo posto) ha rifiutato. Una classe dominante fatta di poveretti, quindi cattivi nell’animo, per i quali i nodi stanno arrivando al pettine.
Perché odiano così tanto il Presepe? Perché la culla è già occupata da un bambino, che diventerà un uomo che mai sarà come loro, mai sarà corruttibile.
Quest’anno negli auguri sarò cauto, dirò e scriverò Buon Natale, tratterrò nella penna “Felice Anno Nuovo”, troppo inadeguato. Felice forse, ma Nuovo proprio no. Nasce già adulto, già frollato, con l’obsolescenza programmata, come richiesto dai loro protocolli.
Mi auguro allora che il Natale, i suoi valori, la sua atmosfera, proseguano per tutto il 2018. Auguriamoci che sia come lo vedeva nel 1944 il poeta svizzero Giorgio Orelli “…. Come torno a guardare s’apre notte/ simili a tante notti inutilmente/ chiare nel vasto abbraccio della luna”.
Buon Natale per tutto l’anno prossimo.