Quella che scoppiò ad Harlem, New York City, il 19 marzo del 1935, addirittura durante la Grande depressione, è considerata la prima rivolta ‘moderna’ a sfondo sociale e razziale. Una rivolta che prese principalmente di mira le proprietà più che le persone. Tutto cominciò nel momento in cui girò la voce, poi risultata falsa, che il proprietario di un negozio avesse picchiato un bimbo di colore. Dal 1935 a oggi sono molte le rivolte degli afroamericani scoppiate dopo atti di razzismo, rivolte che servivano a rivendicare i propri diritti e la giusta eguaglianza all’interno della più grande democrazia al mondo. Democrazia non perfetta, ma che è la migliore che offre il mercato mondiale.
Purtroppo negli USA, e anche nel resto del mondo, problemi sociali, razziali e religiosi, sono all’ordine del giorno e, dando uno sguardo al passato, la lista è ricca di eventi. Eccone alcuni esempi: dal 28 al 30 agosto 1964, i quartieri a nord di Philadelphia, quelli abitati prevalentemente da comunità afroamericane, furono teatro di scontri fa i residenti e la polizia, scontri che sfociarono all’apice di tensioni dovute alla brutalità delle forze dell’ordine. Sempre nel 1964 ci furono le rivolte di Rochester, alle quali seguirono, nell’agosto del 1965, i fatti di Watts, un’imponente sommossa a sfondo razziale che durò sei giorni. Quando alla fine si ritornò alla calma si conteggiano 34 morti, 1.032 feriti e 3.952 arresti.
Passarono due anni e nel 1967 la città di Detroit fu sconvolta da quella che passò alla storia come la rivolta della dodicesima strada, un violento tumulto che degenerò in una vera e propria sommossa popolare che durò dal 23 al 27 luglio. Rivolta che prese il via da un raid della polizia in un bar notturno privo di licenza, il Blind Pig, all’angolo tra la 12th Street (oggi Rosa Parks Boulevard) e Clairmount Street, nella zona Near West Side della città. Fu una delle rivolte più letali e distruttive della storia degli Stati Uniti.
Vale la pena di ricordare anche i disordini di Miami nel 1982, di Los Angeles 1992, di San Petersburg del 1997, di Cincinnati nel 2001 e la rivolta di Ferguson, contea di St. Louis in Missouri, del 2015, quando la veglia funebre per un ragazzo afroamericano ucciso dalla polizia si trasformò in una serie di saccheggi e scontri. Il ragazzo si chiamava Michael Brown, aveva 18 anni ed era stato ucciso con diversi colpi di arma da fuoco. Queste da me citate sono solo una piccola parte, l’elenco di rivolte a sfondo razziale è davvero ancora molto lungo.
Ce ne sono però due molto particolari che vale la pena di ricordare per come si sono svolti i fatti e per il loro rocambolesco finale: il primo è lo scontro razziale accaduto in mare, per la precisione a bordo della portaerei Uss Kitty Hawk, che portò quasi a un vero ammutinamento della parte dell’equipaggio formato da marinai di colore imbarcati. Tutto accadde durante la notte tra il 12 e il 13 ottobre 1972, al largo delle coste del Vietnam durante l’operazione Linebacker. Circa duecento marinari afroamericani della Kitty Hawk si ribellarono contro il comportamento di molti ufficiali che sembravano rappresentare sulla nave il razzismo istituzionalizzato. Infatti ai marinai afroamericani dell’equipaggio erano abitualmente assegnati i compiti servili o degradanti, e i marinai bianchi subivano, a parità di violazione commessa, sanzioni disciplinari più blande di quelle comminate ai commilitoni neri. Il particolare importante è che anche se alla fine degli scontri si registrarono diversi feriti fra i componenti dell’equipaggio, la Kitty Hawk partecipò alla missione come da programma.
Il secondo episodio particolare risale al luglio del 2009 quando un professore di Harvard, Henry Louis Gates, afroamericano, fu arrestato da James Crowley, poliziotto di Cambridge, che lo aveva sorpreso mentre stava scassinando la porta di una casa. Il poliziotto non poteva sapere che la casa era proprio quella del professore che aveva malauguratamente dimenticato le chiavi all’interno ed era rimasto chiuso fuori. La scena di un professore ammanettato, magari in maniera un po’ rude visto che lo stesso in quei frangenti non era stato ben educato nei confronti di chi gli chiedeva i documenti, davanti alla sua casa e da un poliziotto bianco, aveva in sé tutti gli elementi per dare il via a violenze e saccheggi. Ma così non fu. Tutto finì a tarallucci e vino, anzi, come avrebbe detto Totò, a ‘Birra e Salsicce’. Infatti, con l’intento di calmare i bollenti spiriti sul nascere, il Presidente Obama, allora in carica, invitò i due, il professore e il poliziotto, a bere una birra insieme nel Giardino delle Rose della Casa Bianca.
Il boccale di birra, allora, si trasformò in un calumet della pace con il professore di Harvard, Henry Louis Gates, e il poliziotto di Cambridge, James Crowley, che, seduti al tavolo con il grande capo Obama fumavano, anzi bevevano, il liquido sacro estratto dal luppolo fermando sul nascere le eventuali proteste violente, soprattutto dopo l’affermazione del Presidente che aveva stigmatizzato la polizia dicendo che aveva agito in maniera stupida.