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Nessuna lezione di democrazia dagli amici di Hamas

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Io che sono nato agli inizi degli anni sessanta del secolo scorso, posso dire che il periodo storico durante il quale sono cresciuto è stato denso di momenti importanti sia dal punto di vista politico che sociale e, ne sono sicuro, fra tre o quattro generazioni questo pezzo di tempo passato verrà studiato sui libri di storia. Noi che invece quel periodo lo abbiamo vissuto, spesso facciamo anche fatica a ricordare i sentimenti e le sensazioni che provammo, eppure davanti ai nostri occhi di cose ne sono passate parecchie e, se ci fermiamo a pensare e tentiamo una lista, la prima cosa che ci viene in mente è che siamo davvero dei sopravvissuti.

Anche se non in ordine cronologico, ma così come mi vengono in mente, ricordo le contestazioni iniziate in Francia nel maggio del sessantotto, il maggio francese, proseguite nel resto d’Europa per almeno un altro lustro. Nella memoria del nostro passato ci sono anche le invasioni dell’Ungheria nel 1956 e della Cecoslovacchia nel 1968, da parte di quelli che dovevano essere gli alleati del Patto di Varsavia ma che invece usarono la forza per spegnere la voglia di libertà dalla dittatura comunista. Proprio dalla Cecoslovacchia del 1968 arrivarono a noi i nomi di: Jan Palach, Josef Hlavaty, Jan Zajíc e Evžen Plocek, eroi della contestazione che, per onorare fino in fondo i loro ideali di libertà si cosparsero di benzina e divennero torce umane. Questo per ribellarsi e gridare al mondo la loro disperazione dopo che la Primavera di Praga era finita sotto i cingoli dei carri armati sovietici. A distanza di tanti anni questi nomi ancora pesano sulle coscienze di chi allora avrebbe potuto fare qualcosa ma girò lo sguardo per non vedere.

La storia, siamo negli anni ’80, ci ha consegnato altri nomi: Bobby Sands, Francis Hughes, Raymond McCreesh, Patsy O’Hara, Joe McDonnell, Martin Hurson, Kevin Lynch, Kieran Doherty, Thomas McElwee, Mickey Devine, che per seguire i loro ideali si lasciarono morire di fame, una morte lunga e atroce, nelle carceri inglesi. Si può essere o no d’accordo con le idee che li spinsero a tanto, ma a loro, veri contestatori che hanno affrontato il sacrificio estremo, va tutto il nostro rispetto. Vi chiederete il motivo di questo mio parziale excursus sul passato e la risposta è semplice, anzi, la risposta è una domanda: che fine hanno fatto i veri contestatori? Negli ultimi anni ho avuto la netta sensazione che un po’ in tutto il mondo la contestazione non sia più vera, non sia spontanea, sia manovrata, veicolata e indirizzata nelle lotte politiche dei vari palazzi, nazionali e internazionali.

I contestatori di oggi sono dei nani in confronto a quelli del passato, e le stesse femministe che tanto avevano fatto per cambiare l’atteggiamento degli uomini nei confronti del gentil sesso, ora sfoggiano foulard islamici per “rispetto” nei confronti di chi il rispetto lo pretende ma raramente lo dà. Ho visto nascere e morire, nel giro di pochissimo tempo, sigle e slogan che ormai sono finiti nel dimenticatoio come ad esempio il Popolo Viola che non troppo tempo fa riempiva le piazze, oppure i girotondi dove tutti accusavano tutti al punto che i girotondini, alla fine, sono finiti tutti giù per terra. Ho visto reagire agli attentati terroristici con i disegnini fatti con gessetti colorati oppure cantando Imagine di John Lennon o ancora, fatto ben più grave, la riapertura del Bataclan di Parigi, dopo l’attentato terroristico di matrice islamica che aveva mietuto decine di vittime, con Sting che ha cantato la canzone Inshallah. Riapertura della peggiore specie di Dhimmi possibile.

Ho visto un Presidente Usa Premio Nobel per la pace che, dopo aver ricevuto il premio, con le sue decisioni ha destabilizzato mezzo mondo e ha fatto saltare tutti gli equilibri sui quali si reggevano le finte paci e i cessate il fuoco. Un Presidente che girò il Medioriente predicando le sue primavere arabe che hanno fatto la stessa fine, se non addirittura peggiore, di quella di Praga, la stessa che avevo citato all’inizio di quest’articolo. Primavere arabe che hanno lasciato una lunga scia di sangue che conta migliaia di morti. Se fosse andato a giocare al suo amato golf avrebbe sicuramente fatto meno danni. Ciò nonostante Obama rimane un’icona della sinistra Liberal, quella sinistra che non sbaglia mai che non ha mai avuto il coraggio o la forza di dire: “abbiamo preso una cantonata”, anche quando l’errore era palese. Quella sinistra che nega sempre, anche l’evidenza.

Anche se “Ho visto cose che voi umani non potete immaginare…” devo ammettere che un fenomeno come quello delle “sardine” è unico nel suo genere, a memoria non ricordo di aver mai sentito parlare di un qualcosa che si avvicini a questo movimento. Movimento che si dice spontaneo e che scende in piazza per contestare contro l’opposizione. Ora se fosse stato un movimento spontaneo in appoggio al governo sarebbe stato strano ma comprensibile, ma protestare contro l’opposizione è il segno di un cortocircuito totale. Cortocircuito dato dalle dichiarazioni di alcuni suoi leader che scendono in piazza contro il Fascismo o altra dittatura dichiarando che una parte politica non ha diritto di essere ascoltata. Pertanto si va in piazza contro il fascismo ma si tolgono diritti, esattamente quello che hanno sempre fatto tutte le dittature a prescindere dal colore che avevano.

Si va in piazza, accompagnati della grancassa dei media, che santifica chi non vuole permettere il normale svolgimento di eventi organizzati dall’opposizione, un’opposizione da odiare fino a zittirla mentre si battono le mani alle commissioni contro l’odio. Siamo arrivati all’odio legale, quello indirizzato contro le opposizioni, quello non spontaneo, manovrato e veicolato. Insomma un odio legale, o legalizzato, da contrapporre all’altro odio, quello che rimane dopo la scrematura fra il legale e l’illegale di cui poi si occuperanno la magistratura e le commissioni parlamentari. Antifascisti fascisti che non sono un partito ma che forse, insomma, “No Salvini”, “Leghisti Cretini”, “Meloni Fascista” e tutti contenti con la speranza che l’armata Brancaleone che sta attualmente al governo in Italia con il seguito dei Gian Burrasca nelle piazze, possa superare l’onda anomala che si prepara all’orizzonte.

Forse un giorno studiando il fenomeno ci capiremo qualcosa… forse. Da questo si capisce che il cortocircuito che sviluppa pesci azzurri in scatola è sia a corrente continua che alternata e, visto la doppia natura del fenomeno bisogna stare molto attenti ai ritorni di fiamma. Ora, prima che anche le sardine facciano la fine del popolo viola e dei girotondi, vale la pena mettere in evidenza l’errore politico di far parlare Nibras Asfa durante la manifestazione a Piazza San Giovanni a Roma. Si è trattato di una mossa decisamente azzardata per un movimento che si dice spontaneo ma che i capi, ormai è di dominio pubblico, orbitano intorno a certi personaggi che tutto sono tranne che spontanei. Le critiche sulla Nibras, che ha avuto parole pesanti nei confronti del capo dell’opposizione, e sul marito, che in passato ha pubblicato post deliranti di appoggio a organizzazioni terroristiche palestinesi come Hamas, non hanno fatto fare una bella figura al movimento dei pescetti.

Critiche che si sono scatenate sui social al punto che molti di questi post, per niente pacifici, pubblicati su Facebook e altri social, sono stati rapidamente cancellati, con il marito, Suliman Hijazi che, nonostante ciò che aveva pubblicato in passato, ha fatto dichiarazioni smentendo il suo sostegno alle organizzazioni terroristiche palestinesi. Come se gli altri fossero tutti scemi e non abbiano in mano le foto di ciò che lui stesso aveva postato. Detto questo le sardine avrebbero potuto mantenere quel minimo di credito che si erano conquistate controllando a chi davano la parola e risparmiandoci la lezione di educazione civica sulla Costituzione italiana da parte della sardina Nibras che, tra l’altro, insultando Matteo Salvini definendolo “stupido e ignorante” e affermando che i leghisti “fanno pena”, è riuscita solo a portare altri voti alla Lega.

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